Blog

Dall’accertamento del presupposto impositivo nello svolgimento di un’attività artistica al superamento del tributo: Irap, quo vadis?

Gli ultimi anni sono stati caratterizzati da un cospicuo contenzioso tributario riguardante l’accertamento del presupposto impositivo Irap nell’esercizio dell’attività artistica. L’abolizione pro futuro del tributo non pone tuttavia al riparo i contribuenti del mondo dello spettacolo da contestazioni sui periodi d’imposta ancora accertabili nè sui contenziosi in essere, anche in ragione delle caratteristiche peculiari dell’attività svolta che possono riverberarsi sull’accertamento dell’indice di autonomia organizzativa dell’attività stessa.

L’articolo 1, comma 8 della Legge di bilancio 2022 ha disposto l’esclusione dal tributo regionale sulle attività produttive (Irap) delle persone fisiche esercenti attività commerciali ed arti e professioni in forma individuale, a partire dal periodo d’imposta 2022. La norma, non derogando all’obbligo di versamento del saldo per l’anno 2021 (nei termini ordinari del 30 giugno 2022) e alla presentazione della relativa dichiarazione (30 novembre 2022), aveva in un primo momento sollevato alcuni dubbi sugli effetti che si sarebbero formati sui procedimenti contenziosi in essere alla data di entrata in vigore della disposizione di legge, nell’ipotesi di un’estinzione anticipata degli stessi. Invece, come confermato nell’interrogazione parlamentare del 16 marzo 2022, n. 5-07710, al meccanismo di superamento dell’imposizione regionale per le attività espletate sotto forma di imprese individuali o nell’esercizio individuale di arti e professioni non può essere conferita valenza interpretativa, stante l’espressa decorrenza normativa dal 1° gennaio 2022. Così, “[A]lla luce dell’attuale quadro normativo e interpretativo non esiste alcuna possibilità di sospensione, da parte dell’Agenzia delle entrate, dell’attività di riscossione relativamente alle persone fisiche che hanno svolto la propria attività avvalendosi di autonoma organizzazione”.

Come più diffusamente argomentato in un precedente post su questo blog cui si rimanda, le contestazioni mosse dell’Agenzia delle entrate a carico di soggetti esercenti un’attività artistica interessavano la delimitazione perimetrale del requisito dell’autonoma organizzazione, dal momento che, lo svolgimento di un’attività che la stessa giurisprudenza ha definito “dal carattere personalissimo” (come quella del cantante, del direttore d’orchestra, dell’attore o del presentatore televisivo), potrebbe essere idoneo a sorreggere l’apprezzamento secondo cui il soggetto -nell’esercizio della stessa- possa contare esclusivamente sulle proprie capacità professionali. Allontanando così in radice la possibile configurazione di un assetto organizzativo autonomo per la produzione del reddito (anche cospicuo), necessario per l’accertamento del presupposto impositivo del tributo regionale. Peraltro, l’indirizzo giurisprudenziale delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (10 maggio 2016, n. 9451), ha escluso l’accertamento dell’imposta quando il contribuente impieghi beni strumentali non eccedenti il minimo indispensabile all’esercizio dell’attività e si avvalga di lavoro altrui non eccedente l’impiego di un dipendente con mansioni esecutive.

Su tali passi è recentemente tornata la Cassazione con la pronuncia del 28 gennaio 2022, n. 2614, in materia di tassazione Irap dei proventi conseguiti da un professionista del mondo dello spettacolo. La vicenda riguardava un regista e autore di programmi televisivi, cui l’Agenzia delle entrate aveva notificato degli avvisi di accertamento per le annualità 2007 e 2008, contestando la configurabilità di quella autonomia organizzativa che presiede al tributo regionale e che richiederebbe l’assolvimento dei connessi obblighi fiscali verso l’Erario. Più precisamente, per il riconoscimento della soggettività passiva Irap veniva valorizzato: (1) il ricorso a ingenti investimenti (circa 1 mil/Euro) per la ristrutturazione di uno studio-laboratorio (circa 300 mq2) utilizzato dal contribuente per lo svolgimento dell’attività professionale (cod. ATECO 900202, “Attività nel campo della regia”) e (2) i costi di collaborazione con una società di consulenza esterna, per l’assistenza e il supporto nell’organizzazione e nell’allestimento di spettacoli e programmi ideati dallo stesso autore e regista.

Il contribuente aveva adito la Commissione tributaria provinciale di Mantova, ma i giudici di primo grado con sentenza n. 146/01/2012 avevano rigettato il ricorso introduttivo. Anche l’appello innanzi la competente Commissione tributaria regionale della Lombardia, sez. distaccata di Brescia, aveva confermato la tesi erariale (sentenza n. 1488/64/2015), ritenendo che il regista e autore esercitasse la propria attività avvalendosi di una organizzazione complessa per beni strumentali e collaborazione di terzi, di cui era responsabile. Deducendo, in particolare, (1) l’utilizzo di beni eccedenti al minimo indispensabile per l’espletamento dell’attività e, (2) sotto il profilo dell’utilizzazione della collaborazione altrui, l’esistenza di un rapporto di fornitura consulenziale con una società esterna alla quale erano state affidate diverse attività (come “assistere l’artista nelle trasmissioni televisive e/o radiofoniche e nelle pubbliche manifestazioni alle quali sarà invitato e/o ingaggiato” o “svolgere consulenza ai fini dell’allestimento, anche sotto il profilo artistico, dei pubblici spettacoli tenuti dall’artista”) che confermavano la sussistenza di un sufficiente grado di autonomia organizzativa, anche in ragione del capitale impiegato.

Al vaglio dei giudici di Cassazione, le doglianze del ricorrente hanno avuto però una diversa lettura rispetto ai precedenti gradi di giudizio. In particolare, secondo gli ermellini, le motivazioni di rigetto dell’appello pronunciate dal giudice regionale non avrebbero tenuto conto dei precedenti principi di diritto enunciati dalla stessa Corte in caso di esercizio dell’attività artistica, i quali devono:

  • in via preliminare, poggiare sul presupposto che, per la modalità di esecuzione della stessa, il soggetto possa contare solo sulle proprie capacità personali per la produzione del reddito, connotando così il carattere personalissimo dell’attività espletata;
  • in via principale, non dare alcuna rilevanza alla produzione di un reddito cospicuo (“l’imposta incide su un fatto economico diverso dal reddito, cioè su quel quid pluris aggiunto dalla struttura organizzativa alla attività professionale, tale da costituire un indice di capacità contributiva idonea a giustificare l’assoggettamento al tributo”, si veda anche la sentenza della Corte Costituzionale del 21 maggio 2001, n. 156), né al mero fatto che, come nel caso di specie, la persona si avvalga per lo svolgimento dell’attività artistica della collaborazione di un ente esterno (una società di produzione televisiva), dovendo diversamente svolgere indagini sulla natura (ossia, struttura e funzione) dei rapporti giuridici intervenuti fra quest’ultima società e il regista/autore.

Dunque, nell’esercizio dell’attività artistica, l’indice di autonomia imprenditoriale del professionista -e quindi l’assoggettamento ad Irap- è ravvisabile ogni volta che l’assetto organizzativo predisposto dall’esercente sia tale da consentire lo svolgimento dell’attività anche senza il diretto e personale intervento dell’artista, necessario ad escludere che un’eventuale collaborazione esterna si rappresenti come una “mera agevolazione delle modalità di svolgimento dell’attività professionale, senza però che si configuri la direzione e responsabilità di una struttura organizzativa idonea alla emersione dei presupposti di assoggettabilità all’imposta”.

Nel caso esaminato, la Corte ha quindi ritenuto che i giudici regionali avessero disatteso gli approdi ermeneutici della giurisprudenza di legittimità testé sintetizzati, visto che le conclusioni al processo di appello avevano “solamente valorizzato l’ingente investimento nella ristrutturazione dello studio laboratorio, assumendo il dato sotto il profilo meramente oggettivo e non invece riferito ad una preventiva valutazione delle esigenze riconducibili alla strumentalità dei beni all’attività professionale esercitata; [e] viene inoltre valorizzato il dato della collaborazione con la società di consulenza per l’assistenza all’artista e per il supporto alla organizzazione dell’allestimento di spettacoli e programmi ideati dal (…), senza addentrarsi nella comprensione e nella valutazione della natura, struttura e funzione del rapporto medesimo”.

La sentenza è stata quindi cassata con rinvio, per procedere ad un riesame del caso che dovrà tener conto dei principi di diritto diffusamente enunciati dalla Corte per l’accertamento dei presupposti impositivi del tributo regionale in caso di esercizio di un’attività artistica.

_________________________________

This work was written for and first published on taxingArtSports.com (unless otherwise stated) and the copyright is owned by the author of the post. Permission to make digital or hard copies of this work, or any part thereof, for personal use (provided copies are not made or distributed for profit or commercial advantage), are allowed exclusively on the condition of proper attribution on the first page, including the URL and blog name, article title, author name, date of original publication and date of use.