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Dall’Art-Bonus una spinta al mecenatismo culturale in favore del patrimonio pubblico in Italia

L’imminente scadenza per il versamento a saldo delle imposte IRES/IRPEF per l’anno 2019, nonché dei primi acconti per l’anno 2020, richiede una conclusiva verifica delle erogazioni liberali effettuate dal contribuente nel periodo d’imposta 2019, che potrebbero consentire di ottenere agevolazioni fiscali sotto forma di deduzioni e/o detrazioni piuttosto che crediti d’imposta.

I benefici fiscali legati all’Art-Bonus: a chi spetta, a quali condizioni, come usufruirne

Fra le misure che hanno maggiormente raccolto l’interesse dei contribuenti negli ultimi anni ricordiamo certamente il cd. Art-Bonus, un credito di imposta introdotto con l’art. 1 del Decreto-Legge 31 maggio 2014, n. 83 (anche “Dl n. 83/2014”) per incoraggiare le erogazioni liberali a sostegno della cultura, così da “favorire e potenziare il sostegno del mecenatismo e delle liberalità al fondamentale compito della Repubblica di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale”. Il credito d’imposta, inizialmente limitato ad un periodo di 3 anni (nella misura del 65 per cento delle erogazioni effettuate nel 2014 e 2015, e del 50 per cento per quelle effettuate nel 2016), è diventato misura strutturale con la Legge di Stabilità 2016, prevedendo che il credito sia riconosciuto a tutti i soggetti, indipendentemente dalla natura e dalla forma giuridica, e quindi alle persone fisiche ed enti non commerciali nei limiti del 15 per cento del reddito imponibile ed a soggetti titolari di reddito d’impresa (comprese le stabili organizzazioni di soggetti non residenti) nei limiti del 5 per mille dei ricavi annui.

Per usufruire del credito d’imposta le erogazioni liberali devono essere effettuate esclusivamente in denaro (tramite bonifico bancario, ufficio postale, sistemi di pagamento elettronici, assegni bancari) e perseguire specifici scopi in favore del patrimonio di proprietà pubblica (sono quindi svincolati dal beneficio i beni di proprietà privata, pur senza scopo di lucro), quali:

A) interventi di manutenzione, protezione e restauro di beni culturali pubblici;

B) interventi di sostegno degli istituti e dei luoghi della cultura di appartenenza pubblica, delle fondazioni lirico-sinfoniche e dei teatri di tradizione, delle istituzioni concertistico-orchestrali, dei teatri nazionali, dei teatri di rilevante interesse culturale, dei festival, delle imprese e dei centri di produzione teatrale e di danza, nonché’ dei circuiti di distribuzione,dei complessi strumentali, delle società concertistiche e corali, dei circhi e degli spettacoli viaggianti;

C) interventi per la realizzazione di nuove strutture, restauro e potenziamento di quelle esistenti, delle fondazioni lirico-sinfoniche o di enti o istituzioni pubbliche che, senza scopo di lucro, svolgono esclusivamente attività nello spettacolo.

Gli enti beneficiari delle erogazioni liberali in questione (per un elenco completo si rimanda alla sezione “Gli interventi” del sito governativo https://artbonus.gov.it/) possono essere, a vario titoli, le P.A. (quali, Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo, Regioni, Comuni, Province, Città Metropolitane e altre Amministrazioni dello Stato), le Fondazioni lirico sinfoniche, i teatri di tradizione, i teatri nazionali, i Festival, le imprese e i Centri di produzione teatrale e di danza, gli istituti e luoghi della cultura di appartenenza pubblica, i soggetti concessionari o affidatari di beni culturali pubblici.

Il credito d’imposta spetta nella misura del 65 per cento delle erogazioni liberali effettuate nel corso del periodo d’imposta e il beneficio è ripartito in tre quote annuali di parti importo. Per fare un esempio, si pensi al caso di una persona fisica (quindi soggetto IRPEF, come un professionista che esercita l’attività al di fuori di un’attività d’impresa) che effettua un’erogazione liberale pari ad Eur 10.000. La quota agevolabile, pari ad Eur 6.500 (65 per cento di Eur 10.000), diviene credito d’imposta nel limite del 15 per cento del reddito imponibile del soggetto: quindi, se la persona dichiara un reddito imponibile pari ad Eur 100.000, il limite di 15.000 euro consente di usufruire del credito d’imposta in misura piena. Allo stesso modo, nel caso di soggetto titolare di reddito d’impresa (quindi IRES), l’erogazione liberale nel limite del 65 per cento diviene credito d’imposta entro il 5 per mille dei ricavi annui.

Sono tuttavia previste differenti modalità di fruizione del credito, in relazione alla qualifica del soggetto che effettua le erogazioni liberali. Difatti, nel caso di persona fisica o ente non commerciale l’utilizzo in compensazione della prima quota (delle tre previste) di Art-Bonus può avvenire solo con la dichiarazione dei redditi relativa all’anno in cui è stata effettuata l’erogazione liberale e ogni eventuale inutilizzo può essere riportato in avanti nelle dichiarazioni dei periodi d’imposta successivi, senza alcun limite temporale. Diversamente, nel caso di soggetti titolari di redditi d’impresa, il credito d’imposta è utilizzabile in compensazione dal primo giorno del periodo d’imposta successivo a quello di effettuazione delle erogazioni liberali mediante il modello F24 (utilizzando il codice tributo 6842) e secondo i limiti ordinari di compensazione previsti dall’art. 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241. Inoltre, a differenza di quanto avviene nel caso di persone fisiche ed enti non commerciali, la quota corrispondente ad un terzo del credito d’imposta maturato costituisce, per ciascuno dei tre periodi d’imposta di utilizzo in compensazione, anche il limite massimo di fruibilità del credito: sicché, nel caso di inutilizzo in tutto o in parte di tale importo nei predetti limiti in un periodo d’imposta, il residuo potrà essere utilizzato nel corso dei periodi d’imposta successivi tenendo conto dei limiti previsti dalla norma (quindi, entro un terzo del beneficio).

In ogni caso, l’Art-Bonus non concorre alla formazione della base imponibile ai fini IRES/IRPEF e IRAP, né rileva ai fini della determinazione della quota di interessi passivi deducibile dal reddito d’impresa e della determinazione della quota di spese e altri componenti negativi diversi dagli interessi passivi, deducibile dal reddito d’impresa.

La fruizione del beneficio richiede ovviamente taluni adempimenti al mecenate e al beneficiario. Il primo, oltre che conservare copia del documento che certifica l’erogazione in denaro con la causale di versamento che identifica l’oggetto e l’ente beneficiario, dovrà riportare l’ammontare delle erogazioni liberali:

  • nel quadro G, sez. VII (Erogazioni cultura), rigo G9 (spesa 2019/residuo 2018/rata credito 2018/rata credito 2017) del modello 730;
  • nel quadro CR14, sez. VII (Credito d’imposta erogazioni cultura) del modello Redditi Persone Fisiche;
  • nel quadro RU, sez. I del modello Redditi Società di Capitali, indicando come codice credito “A3” e inserendo nel rigo RU5, col. 3 l’ammontare del credito maturato corrispondente al 65 per cento delle erogazioni liberali effettuate nel 2019.

Eventualmente, è facoltà dei mecenati comunicare i dati relativi all’avvenuta erogazione sul portale https://artbonus.gov.it/ per essere inseriti nell’elenco pubblico dei mecenati, che riporta la denominazione e l’oggetto dell’erogazione effettuata. I beneficiari delle donazioni, inclusi i suddetti soggetti concessionari o affidatari di beni culturali pubblici, dovranno invece comunicare mensilmente al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo l’ammontare dei contributi ricevuti nel periodo di riferimento nonché la destinazione e l’utilizzo delle erogazioni stesse.

Il credito d’imposta non è riconosciuto in presenza di erogazioni liberali a favore di beni culturali appartenenti a persone giuridiche private senza fine di lucro. Tuttavia, in certi casi è opportuno andare oltre il dato formalistico della struttura giuridica dell’ente per valutare la possibile esistenza di un interesse pubblicistico, come ricordato dall’Agenzia delle entrate con l’interpello n. 176 del 10 giugno 2020 in un caso riguardante una Fondazione, costituita nel 2006 per iniziativa pubblica, con lo scopo di far rivivere un complesso monumentale cittadino di particolare interesse storico attraverso l’organizzazione di eventi, mostre, attività culturali, spettacoli, attività di formazione superiore e di ricerca scientifica, anche attraverso la realizzazione di mostre ed altre iniziative culturali. In particolare, veniva chiesto dall’istante se i soggetti che effettuano erogazioni liberali in denaro per sostenere questa Fondazione possano beneficiare dell’Art-Bonus, quindi se la Fondazione in questione possa essere qualificata come luogo della cultura di appartenenza pubblica ai sensi dell’art. 101 del Codice dei beni culturali e del paesaggio. Ricordiamo infatti che, fra gli scopi cui debbono essere destinate le erogazioni liberali “qualificanti” effettuate dal contribuente (cfr. art. 1, comma 1 del Dl n. 83/2014), rientra anche “il sostegno degli istituti e dei luoghi della cultura di appartenenza pubblica”: il requisito della “appartenenza pubblica”, secondo quanto chiarito dalla Risoluzione 7 novembre 2011, n. 136/E, può ritenersi soddisfatto laddove risultino integrati taluni elementi che dimostrino la natura pubblicistica dell’ente. Possono essere ritenuti sintomatici di un interesse pubblico la circostanza che la Fondazione, ancorché avente personalità giuridica di diritto privato, sia (i) costituita per iniziativa di soggetti pubblici e mantenga una maggioranza pubblica dei soci e partecipanti, (ii) finanziata esclusivamente con risorse pubbliche, (iii) gestisca un patrimonio culturale di appartenenza pubblica conferito in uso all’ente medesimo, (iv) sottoposta, nello svolgimento delle proprie attività, ad alcune regole proprie della P.A., quali gli obblighi di trasparenza o il rispetto della normativa in materia di appalti pubblici e (v) sottoposta al controllo analogo di una P.A.

Nel caso analizzato dall’interpello n. 176, è emerso che “la Fondazione è stata costituita per iniziativa pubblica, è posta sotto un penetrante controllo da parte del Comune e la sua finalità ed oggetto coincidono, con la gestione, cura e valorizzazione del complesso monumentale, bene di proprietà pubblica ed affidato, dal Comune proprietario, alla Fondazione appositamente creata per la sua gestione e valorizzazione”, per cui  le erogazioni liberali destinate al sostegno della Fondazione possono essere considerate ammissibili ai fini del credito d’imposta.

Ricordiamo, d’altra parte, che il beneficio dell’Art-Bonus non è disponibile nel caso di donazioni a favore di enti ecclesiastici civilmente riconosciuti. Sul punto bisogna però fare un piccolo distinguo, dal momento che certi recenti avvenimenti (terremoto nelle regioni del Centro Italia del 2016 e violente condizioni di maltempo che hanno colpito Venezia e Matera nel 2019) hanno comportato un allargamento dell’ambito applicativo del credito d’imposta anche al patrimonio di proprietà ecclesiastica. Più in particolare, il Decreto-Legge 17 ottobre 2016, n. 189 ha previsto una deroga estendendo le disposizioni del piano Art-Bonus anche alle erogazioni liberali per interventi di manutenzione, protezione e restauro di beni culturali di interesse religioso e per immobili di interesse culturale dedicati al culto presenti nei Comuni delle regioni Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria. Mentre con la Legge 12 dicembre 2019, n. 156 viene chiarito che le disposizioni previste dal Dl n. 189/2016 in materia di erogazioni liberali per beni culturali, si applicano anche ai nuovi interventi per la salvaguardia di Venezia e nella città di Matera.

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