La gestione dei diritti d’autore e dei diritti connessi al diritto d’autore rappresenta una tematica di primaria importanza nell’ambito dell’industria musicale. Il tema, tuttavia, presenta aspetti di non facile interpretazione, con la conseguenza che spesso i flussi reddituali connessi alla gestione di tali diritti prestano il fianco ad incertezze che ne influenzano anche la qualificazione ai fini tributari (interni e convenzionali).
Premessa: la Legge sul Diritto d’Autore
Nel nostro ordinamento, la tutela del diritto d’autore è regolata dalla Legge 22 aprile 1941, n. 633 (“Legge sul Diritto d’Autore” o “L.d.A.”).
Tale disposizione assolve ad una molteplicità di funzioni. In primo luogo, stabilisce in modo vincolante condizioni e limiti della protezione delle opere dell’ingegno di carattere creativo che appartengono alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, all’architettura, al teatro ed alla cinematografia, qualunque ne sia il modo o la forma di espressione. Sono infatti oggetto di tutela: 1) le opere letterarie, drammatiche, scientifiche, didattiche, religiose; 2) le opere e le composizioni musicali, con o senza parole, le opere drammatico-musicali e le variazioni musicali costituenti di per sé opera originale; 3) le opere coreografiche e pantomimiche; 4) le opere della scultura, della pittura, dell’arte del disegno, della incisione e delle arti figurative similari, compresa la scenografia; 5) i disegni e le opere dell’architettura; 6) le opere dell’arte cinematografica, muta o sonora; 7) le opere fotografiche; 8) i programmi per elaboratore; 9) le banche intese come raccolte di opere, dati o altri elementi indipendenti sistematicamente o metodicamente disposti ed individualmente accessibili mediante mezzi elettronici o in altro modo.
Quindi, identifica il titolo originario del diritto d’autore nella creazione dell’opera, intesa come contemporanea presenza di originalità e novità oggettiva dell’opera.
In terzo luogo, definisce i diritti dell’autore: si propone di assicurare a quest’ultimo il controllo sull’utilizzazione economica dell’opera, consentendogli di ottenere una partecipazione ai ricavi derivanti dallo sfruttamento della medesima (diritti patrimoniali) pur salvaguardando gli interessi non patrimoniali connessi all’impiego dell’opera (diritti morali). Per completezza, si ricorda che i diritti patrimoniali rappresentano i diritti esclusivi dell’autore di utilizzare economicamente la sua opera in ogni forma e modo, di autorizzarne ogni tipo di diffusione in pubblico, di riproduzione, esecuzione, rappresentazione o altre forme di utilizzazione e di percepire i relativi compensi; i diritti morali, invece, sono diritti inalienabili che integrano il diritto di paternità (come ovvio che sia, si intende la facoltà dell’autore di rivendicare la paternità dell’opera e di figurare come tale in ogni estrinsecazione della stessa) e il diritto all’integrità dell’opera, ovvero la facoltà di opporsi ad ogni modificazione (sotto forma di deformazione, mutilazione o altra modifica) che sia di pregiudizio morale all’autore stesso.
Proseguendo, la L.d.A. disciplina i diritti di seguito con il fine di tutelare il diritto dell’autore di opere delle arti figurative e dei manoscritti a percepire una percentuale sul prezzo di vendita degli originali delle proprie opere in occasione delle “vendite successive alla prima” (intendendo, con tale termine, ogni vendita nella quale i soggetti che operano professionalmente nel mercato dell’arte, quindi case d’asta, gallerie d’arte e commercianti di opere d’arte, intervengono a titolo di venditori, acquirenti e intermediari).
Infine, la L.d.A. ha il compito di tutelare i diritti connessi al diritto d’autore. Si tratta di diritti che la legge riconosce a soggetti comunque collegati all’autore dell’opera (il quale, da conto suo, può sfruttare economicamente l’opera) e anch’essi portatori di diritti patrimoniali (nonché morali, in talune circostanze) qualora l’opera venga offerta alla fruizione del pubblico.
Tali diritti trovano anche espressione nell’art. 2579 del cod. civ. (rubricato “Interpreti ed esecutori”), a norma del quale (comma 1) “Agli artisti attori o interpreti di opere o composizioni drammatiche o letterarie, e agli artisti esecutori di opere o composizioni musicali, anche se le opere o composizioni sovraindicate sono in dominio pubblico, compete, nei limiti, per gli effetti e con le modalità fissati dalle leggi speciali, indipendentemente dall’eventuale retribuzione loro spettante per la recitazione, rappresentazione od esecuzione, il diritto ad un equo compenso nei confronti di chiunque diffonda o trasmetta per radio, telefono od altro apparecchio equivalente, ovvero incida, registri o comunque riproduca su dischi fonografici, pellicola cinematografica od altro apparecchio equivalente la suddetta recitazione, rappresentazione od esecuzione”. Pertanto, in quanto diritto connesso, non è collegata una facoltà esclusiva di utilizzazione economica, ma solo il diritto ad un equo compenso.
I diritti connessi al diritto d’autore nella L.d.A.: i diritti degli interpreti e degli esecutori
Il Titolo II della L.d.A. pone norme a tutela dei diritti connessi all’esercizio del diritto d’autore, fornendo copertura ad una vasta platea di soggetti quali artisti, interpreti o esecutori, piuttosto che produttori di supporti fonografici o di opere cinematografiche e audiovisive, delle emittenti radiofoniche e televisive, etc.
Il Capo III del Titolo II della L.d.A. qualifica in modo specifico i diritti degli interpreti e degli esecutori. Nell’ambito di questa definizione, ai sensi dell’art. 80 e seg. della L.d.A., ricadono: attori, cantanti, musicisti, ballerini e altre persone che rappresentano, cantano, recitano, declamano o eseguono in qualunque modo opere dell’ingegno, siano esse tutelate o di dominio pubblico.
Il successivo art. 82 prevede inoltre che la denominazione di artisti interpreti e di artisti esecutori comprenda anche:
- coloro che sostengono nell’opera o composizione drammatica, letteraria o musicale, una parte di notevole importanza artistica, anche se di artista esecutore comprimario;
- i direttori dell’orchestra o del coro;
- i complessi orchestrali o corali, a condizione che la parte orchestrale o corale abbia valore artistico di per sé stante o non di semplice accompagnamento.
A tutti questi soggetti, la L.d.A. riconosce quindi, a prescindere dai compensi loro spettanti per la prestazione artistica, anche una serie di diritti esclusivi con la finalità di:
- autorizzare la fissazione delle loro prestazioni artistiche;
- autorizzare la riproduzione diretta o indiretta, temporanea o permanente, in qualunque modo o forma, in tutto o in parte, della fissazione delle loro prestazioni artistiche;
- autorizzare la comunicazione al pubblico;
- autorizzare la messa a disposizione del pubblico in maniera tale che ciascuno possa avervi accesso dal luogo e nel momento scelti individualmente;
- autorizzare la distribuzione delle fissazioni delle loro prestazioni artistiche;
- autorizzare il noleggio o il prestito delle fissazioni delle loro prestazioni artistiche e delle relative riproduzioni.
In sostanza, mentre i diritti d’autore fanno riferimento al diritto di sfruttamento economico dell’opera dell’ingegno da parte dell’autore e dell’editore, i diritti connessi riguardano il diritto di sfruttamento economico dell’opera (e nelle forme sopra citate) anche da parte di coloro che, pur non qualificandosi come “autori”, hanno comunque apportato all’opera dell’ingegno un segno distintivo della propria artisticità che deve essere riconosciuto e remunerato, ovvero abbiano contribuito alla diffusione dell’opera stessa.
A tal fine, l’art. 84 della L.d.A. dispone:
- “Salva diversa volontà delle parti, si presume che gli artisti interpreti ed esecutori abbiano ceduto i diritti di fissazione, riproduzione, radiodiffusione, ivi compresa la comunicazione al pubblico via satellite, distribuzione, nonché il diritto di autorizzare il noleggio contestualmente alla stipula del contratto per la produzione di un’opera cinematografica o audiovisiva o sequenza di immagini in movimento.
- Agli artisti interpreti ed esecutori che nell’opera cinematografica e assimilata sostengono una parte di notevole importanza artistica, anche se di artista comprimario, spetta, per ciascuna utilizzazione dell’opera cinematografica e assimilata a mezzo della comunicazione al pubblico via etere, via cavo e via satellite un equo compenso a carico degli organismi di emissione.
- Per ciascuna utilizzazione di opere cinematografiche e assimilate diversa da quella prevista nel comma 2 e nell’articolo 80, comma 2, lettera e), agli artisti interpreti ed esecutori, quali individuati nel comma 2, spetta un equo compenso a carico di coloro che esercitano i diritti di sfruttamento per ogni distinta utilizzazione economica.
- (…)”.
Inoltre, nel caso di riproduzione fissata o riprodotta nei fonogrammi, viene riconosciuto a favore degli artisti interpreti o esecutori, indipendentemente dai diritti di distribuzione, noleggio e prestito loro spettanti, un compenso per l’utilizzazione a scopo di lucro dei fonogrammi a mezzo della cinematografia, della diffusione radiofonica e televisiva, ivi compresa la comunicazione al pubblico via satellite, nelle pubbliche feste danzanti, nei pubblici esercizi ed in occasione di qualsiasi altra pubblica utilizzazione dei fonogrammi stessi (così l’art. 73 L.d.A.).
La disciplina fiscale domestica
Tutto ciò posto, si pone ora un tema riguardante l’eventuale assimilazione dei compensi relativi ai diritti connessi al diritto d’autore, nel caso di specie riguardante i diritti degli artisti ed interpreti, ai compensi da diritto d’autore.
Ricordiamo, in breve, la disciplina fiscale dei diritti d’autore sotto il profilo delle imposte dirette. Innanzitutto, si dovrà valutare se lo sfruttamento avviene da parte dell’autore (caso a.) oppure da parte di un suo erede, legatario o dal cessionario (caso b.).
Infatti, nel caso sub-a.) i compensi percepiti a titolo di corrispettivo per la cessione (trasferimento della proprietà) o concessione in uso (trasferimento del solo diritto di godimento) di un’opera dell’ingegno tutelata dalle norme sul diritto d’autore, posso costituire redditi di lavoro autonomo (art. 53, comma 1 del d.P.R. n. 917/86) se riconducibili all’attività principale dell’autore. Può essere questo il caso di un giornalista. Viceversa, qualora non siano percepiti nell’ambito di un’attività denominata dai requisiti della professionalità e abitualità, i compensi si qualificano come redditi assimilati a quello di lavoro autonomo (art. 53, comma 2, lett. b) del d.P.R. n. 917/86): in questo caso, la determinazione del reddito imponibile avverrà in maniera forfettaria (art. 54, comma 8 del d.P.R. n. 917/86), con una riduzione dei compensi percepiti di una quota pari al 40 per cento (per gli autori con meno di 35 anni) e del 25 per cento (negli altri casi).
Diversamente, nel caso sub-b.), il compenso percepito da parte dell’erede dell’autore, un suo legatario o da parte del cessionario, si qualifica sempre come reddito diverso, e confluisce nell’art. 67, comma 1, lett. g) del d.P.R. n. 917/86 (quindi, tassazione sull’intero importo dei compensi incassati nel caso in cui il diritto sia stato acquisito a titolo gratuito, come per eredi o legatari; riduzione forfettaria del 25 per cento in caso di acquisto a titolo oneroso ai sensi dell’art. 71, comma 1 del d.P.R. n. 917/86). Questo perché, se lo sfruttamento non avviene direttamente ad opera dell’autore, “il compenso perde la sua connotazione di provento derivante da lavoro ed assume una connotazione di mera entità patrimoniale che il legislatore ha inserito tra i redditi diversi, non essendo detta entrata riconducibile ad alcuna delle categorie reddituali specifiche” (così la Ctp Salerno n. 45/2000).
Ciò detto, si tratta di determinare se i proventi conseguenti a diritti connessi all’esercizio del diritto d’autore possano seguire la medesima qualificazione reddituale sopra esposta.
L’Avvocatura Generale dello Stato, con il parere n. 6592 del 25 gennaio 1997, è intervenuta sulla questione riguardante l’inclusione dei diritti connessi al diritto d’autore alla previsione IVA del diritto d’autore (che si qualifica, solitamente, come operazione “fuori campo” ex art. 3, comma 4, lett. a) del d.P.R. n. 633/72, pur con talune eccezioni che riconducono le operazioni nell’ambito dell’imponibilità). I giudici amministrativi hanno concluso in tal caso che “una norma che si riferisce al diritto d’autore non si può ritenere che comprenda anche il diritto degli artisti interpreti ed esecutori, a meno che non vi siano altri elementi della norma che consentano siffatta interpretazione estensiva”.
La Risoluzione Ministeriale n. 633, 19 giugno 2007 nel determinare se sussista una equiparazione sostanziale tra il diritto d’autore ed i diritti connessi all’esercizio del diritto d’autore attribuiti agli artisti interpreti ed esecutori, ha concluso che “i diritti connessi al diritto d’autore riconosciuti agli artisti interpreti ed esecutori, pur risultando, a seguito della recente evoluzione normativa, più vicini sul piano sostanziale al diritto d’autore, in assenza di una esplicita previsione normativa, non possono essere equiparati sotto il profilo fiscale al diritto d’autore”.
Difatti, l’elencazione dei beni immateriali di cui all’art. 53, comma. 2, lett. b) del d.P.R. n. 917/86 (quindi, opere dell’ingegno, brevetti industriali e di processi, formule o informazioni relativi ad esperienze acquisite in campo industriale, commerciale o scientifico) ha carattere tassativo, non estensibile per analogia ai diritti spettanti agli artisti interpreti od esecutori.
Ne consegue, conclusivamente, che sotto il profilo delle imposte dirette, i compensi relativi ai diritti connessi all’esercizio del diritto d’autore, non rientrano nella disciplina agevolativa prevista dall’art. 53, comma 2, lett. b) del d.P.R. n. 917/86 per i compensi da diritti d’autore (con calcolo forfettario del reddito imponibile pari al 60 per cento o 75 per cento dei compensi incassati) ma costituiscono redditi diversi, integralmente imponibili (fatta salva la sussistenza di costi specificatamente inerenti alla loro produzione, ai sensi dell’art. 71, comma 2 del d.P.R. n. 917/86), in quanto obbligazioni di permettere ad altri l’utilizzazione o la riproduzione della propria esecuzione, ex art. 67, comma 1 lett. l) d.P.R. n. 917/86.
La tassazione in ambito Convenzionale
La regola distributiva applicabile ai compensi in parola è rinvenibile nell’art. 12 del modello di Convenzione OCSE (Canoni), il quale dispone:
- “Royalties arising in a Contracting State and beneficially owned by a resident of the other Contracting State shall be taxable only in that other State.
- The term “royalties” as used in this Article means payments of any kind received as a consideration for the use of, or the right to use, any copyright of literary, artistic or scientific work including cinematograph films, any patent, trade mark, design or model, plan, secret formula or process, or for information concerning industrial, commercial or scientific experience.
- ..,
- …”.
Difatti, pur non prevedendo espressamente l’inclusione dei compensi per i diritti connessi al trattamento fiscale dei canoni, convenzionalmente non assume alcuna rilevanza la distinzione tra diritto di autore in senso proprio e diritti connessi al diritto di autore, laddove l’art. 12 si applica a compensi di qualsiasi natura corrisposti per l’uso o la concessione in uso di un diritto d’autore su opere letterarie, artistiche o scientifiche. In tal senso, il par. 8 del Commentario OCSE all’art. 12 chiarisce che “Paragraph 2 contains a definition of the term royalties. These relate, in general, to rights or property constituting the different forms of literary and artistic property, the elements of intellectual property specified in the text and information concerning industrial, commercial or scientific experience. The definition applies to payments for the use of, or the entitlement to use, rights of the kind mentioned, whether or not they have been, or are required to be, registered in a public register”.
La riconducibilità dei diritti connessi all’esercizio del diritto d’autore nell’ambito dell’art. 12 del modello OCSE è confermata anche dalla lettura del par. 18 del Commentario OCSE, che analizzando a titolo esemplificativo il caso di un direttore d’orchestra precisa come, qualora in base al contratto la prestazione musicale sia registrata e l’artista abbia accettato, sulla base dei propri diritti concernenti la registrazione, di ricevere compensi sulla vendita dei dischi o sulle riproduzioni pubbliche della performance musicale, la parte di remunerazione ricevuta riferibile a tali compensi ricade nell’ambito dell’art. 12 (“Where the musical performance is recorded and the artist has stipulated that he, on the basis of his copyright in the sound recording, be paid royalties on the sale or public playing of the records, then so much of the payment received by him as consists of such royalties falls to be treated under Article 12”).
Laddove, viceversa, l’artista non sia titolare dei diritti concernenti la registrazione effettuata o la performance musicale, in quanto diritti che appartengono legalmente o contrattualmente ad un soggetto terzo, i pagamenti ricevuti ricadono in altra regola distributiva (come può essere l’art. 7 o 17 del modello di Convenzione OCSE, a seconda delle circostanze), anche se la quantificazione del compenso è variabile sul numero delle vendite del disco o delle riproduzioni pubbliche della performance musicale (“Where, however, the copyright in a sound recording, because of either the relevant copyright law or the terms of contract, belongs to a person with whom the artist has contractually agreed to provide his services (i.e. a musical performance during the recording), or to a third party, the payments made under such a contract fall under Articles 7 (e.g. if the performance takes place outside the State of source of the payment) or 17 rather than under this Article, even if these payments are contingent on the sale of the recordings”).
Sulla qualificazione dei diritti connessi all’esercizio del diritto d’autore nell’ambito dell’art. 12 del modello OCSE si è espressa anche la Corte di Cassazione con la sentenza 29 settembre 2006, n. 21220. La questione sottoposta ai giudici verteva (i) sulla qualificazione tributaria applicabile a royalties corrisposte da una casa discografica italiana in favore della casa madre statunitense per la concessione in uso del diritto di sfruttamento di registrazioni musicali e (ii) sulla differente qualificazione interna (fra Italia e Stati Uniti) dei diritti connessi all’esercizio del diritto d’autore.
Infatti, secondo la norma domestica statunitense, i diritti connessi vengono assimilati ai diritti d’autore (i giudici rimarcano in tal senso una certa tendenza degli ordinamenti americani di assimilare ai copyrights anche i cd. neightbouring rights); viceversa, la norma interna italiana distingue le due fattispecie, ponendo le norme a tutela dei diritti d’autore nel Titolo I della L.d.A. e le norme a tutela dei diritti accessori nel Titolo II del medesimo dispositivo.
D’altronde, proseguono i giudici, la nozione di diritti connessi al diritto d’autore è conosciuta anche nell’ordinamento comunitario (Direttiva del Consiglio n. 92/100/CEE del 19 novembre 1992, concernente il “diritto di noleggio, il diritto di prestito e taluni diritti connessi al diritto d’autore in materia di proprietà intellettuale”) e nell’Accordo dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (W.T.O.) sulla protezione della proprietà intellettuale (TRIPS) del 15 aprile 1994, dove si prevede una distinta protezione degli artisti interpreti o produttori, dei produttori di fonogrammi (registrazioni sonore) e degli organismi di radiodiffusione rispetto ai diritti dell’autore.
In tale contesto, prosegue il Collegio, anche la prassi convenzionale pur non prevedendo espressamente l’inclusione dei canoni corrisposti per i diritti connessi nell’ambito dell’art. 12 viene interpretata dalla più autorevole dottrina specializzata come estensione di tale regime ai diritti in contestazione (confermando, in tal caso, la tendenza rinvenibile nell’ordinamento internazionale che, pur mantenendo distinti i cd. neighbouring rights dai diritti d’autore, inquadra i primi nell’area di protezione dei secondi, sottoponendoli, di conseguenza, allo stesso trattamento fiscale).
I giudici hanno quindi concluso che, nel caso in esame, i redditi corrisposti per lo sfruttamento dei diritti sulle registrazioni musicali (diritti connessi al diritto d’autore) non potessero beneficiare dell’aliquota convenzionale ridotta (5 per cento) applicabile ai diritti di autore su opere letterarie, artistiche o scientifiche, quanto piuttosto dovessero essere assoggettati alla maggiore aliquota (10 per cento) prevista per i canoni non ricompresi nella prima categoria né in quella intermedia (8 per cento) prevista nel caso di concessione in uso di pellicole cinematografiche e di altri mezzi di registrazione per trasmissioni radiofoniche o televisive (nota: i fatti commentati facevano riferimento ad un modello bilaterale tra Italia e Stati Uniti che oggi non è più in vigore).
Ciò chiarito, va aggiunto in conclusione che l’art. 12 dei trattati contro le doppie imposizioni stipulati dall’Italia stabilisce, di norma, una tassazione concorrente fra lo stato di residenza del percipiente e lo stato da cui provengono i pagamenti (a differenza, quindi, del modello di Convenzione OCSE che prevede una esclusiva facoltà impositiva a favore dello stato di residenza), pur con le limitazioni previste dal par. 2 dell’art. 12 qualora la persona che percepisce i canoni ne sia l’effettivo beneficiario.
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