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La residenza fiscale dell’agente sportivo nello Stato a fiscalità privilegiata a rischio esterovestizione sull’onere della prova

Con la sentenza n. 3404/2021 della CTR Lombardia, la giurisprudenza è tornata ad occuparsi della questione riguardante il trasferimento della residenza fiscale di persone fisiche in Stati a fiscalità privilegiata. Si arricchisce così il numero delle pronunce che richiamano l’attenzione sugli indicatori patrimoniali e personali sintomatici di un reale e duraturo trasferimento del soggetto e della perdita di ogni significativo collegamento con il territorio italiano. La tematica assume maggior rilievo nel momento in cui l’accertamento della residenza in Italia comporterebbe per il contribuente la necessità di affrontare presunzioni di redditività sui redditi esteri, termini di accertamento dilatati e raddoppio delle sanzioni per l’omessa compilazione del quadro RW sul monitoraggio dei beni e delle attività detenute all’estero.

La vicenda in epigrafe ha interessato un agente sportivo al quale l’Agenzia delle entrate – all’esito di una verifica condotta dalla Guardia di Finanza – contestava la soggettività passiva d’imposta sul territorio italiano per l’anno 2009, con conseguente ripresa a tassazione di Irpef, addizionali regionali e comunali, imposte sostitutive e Iva, avendo accertato un fenomeno di esterovestizione nella residenza fiscale nel Principato di Monaco.

Secondo l’Amministrazione finanziaria, questi avrebbe infatti fittiziamente trasferito la residenza fiscale “per esercitare la propria attività attraverso lo schermo di società stabilite all’estero, allo scopo di evitare di essere soggetto a tassazione in Italia”. Nell’avviso di accertamento notificato dall’Agenzia delle Entrate emergevano così redditi sottratti a tassazione per Eur 3,7 mil. circa, più redditi di capitale soggetti ad imposta sostitutiva. L’agente sportivo impugnava l’atto presentando ricorso presso la Commissione Tributaria Provinciale di Milano, affermando di essere cittadino monegasco dal 1999, di essere iscritto all’AIRE, di avere casa nel Principato di Monaco e di aver ivi svolto la propria attività professionale, nonché di avere all’estero il proprio conto corrente e il centro dei propri interessi economici e legami affettivi. La Commissione di primo grado (sentenza n.828/2020) accoglieva il ricorso e riteneva che i rilievi formulati al termine della verifica fossero privi di efficacia probatoria, certamente non sufficienti a corroborare la contestazione di esterovestizione alla luce delle ingenti proprietà immobiliari e dei conti bancari nel Principato di Monaco, nonché dell’accertata presenza sul territorio italiano per soli 67 giorni nel corso del periodo d’imposta 2009.

Nell’ordinamento tributario domestico, la definizione di residenza delle persone fisiche è contenuta nell’art. 2 comma 2 del testo unico sui redditi (“Tuir”), che individua presupposti temporali e territoriali per verificare la manifestazione di un collegamento personale del soggetto con l’Italia. Questo può infatti derivare (i.) dall’iscrizione all’Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente (“ANPR” – la residenza anagrafica) oppure (ii.) accertando il domicilio (civilistico, ai sensi dell’art. 43 cod. civile – la sede principale degli affari ed interessi, anche morali e sociali, cd. centro vitale degli interessi) o (iii.) la residenza (civilistica, idem – la dimora abituale) sul territorio dello Stato per la maggior parte del periodo d’imposta (183 gg ovvero 184 gg negli anni bisestili). Le tre condizioni sono fra loro alternative, sicché è sufficiente che una sola sia accertata perché venga attratta la residenza della persona fisica sul territorio dello Stato. Tuttavia, esse presentano un grado di soggettività differente. Difatti, con una lettura “a specchio”, il dato anagrafico rappresentato dalla cancellazione all’ANPR è condizione necessaria ma non sufficiente per “regolarizzare” il trasferimento all’estero. Invero, l’atto formale rappresentato dall’iscrizione all’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero (“AIRE”) deve essere subordinato alla verifica dei due requisiti sostanziali che statuiscono l’effettività del trasferimento, ovverossia il domicilio e la residenza civilistica della persona fisica.

L’individuazione della residenza è, ai fini tributari, di primaria importanza anche per la ripartizione dei poteri impositivi fra gli Stati nei quali il soggetto detiene fonti di reddito. Le norme internazionali (accordi bilaterali per evitare la doppia imposizione, prioritariamente basati sul modello convenzionale OCSE) dispongono infatti che lo Stato di residenza abbia il diritto di tassare tutti i redditi ovunque prodotti dalla persona fisica (cd “worldwide taxation principle”), mentre lo stato contraente (cd. Stato della fonte) mantenga diritti impositivi sui soli redditi che siano (i.) prodotti nel proprio territorio dalla persona non residente (cd. collegamento all’imposizione) e (ii.) assegnati a potestà impositiva concorrente (primaria allo Stato della fonte, secondaria a quello della residenza). Lo sgravio della doppia imposizione sui redditi soggetti a tassazione concorrente potrà quindi conseguire dal riconoscimento – da parte dello Stato di residenza della persona fisica – di un credito d’imposta sui redditi prodotti e (già) tassati nello Stato della fonte. Ecco, dunque, che il trasferimento di residenza all’estero è suscettibile di prestare il fianco a comportamenti elusivi volti a configurare un fittizio spostamento in Stati nei quali il prelievo fiscale sia particolarmente basso, dal momento che la persona potrebbe beneficiare di una tassazione favorevole in luogo di un’imposizione ordinaria sui redditi complessivamente prodotti (tassazione progressiva Irpef). Pertanto, l’accertamento della residenza fiscale italiana si accompagna spesso ad indagini dell’Agenzia delle entrate volte a contrastare fenomeni di “esterovestizione, intesa come la dissociazione fra la residenza reale e quella fittizia dell’individuo.

Non sono altresì infrequenti casi in cui la persona fisica, “formalmente trasferita”, possa risultare contemporaneamente residente nel Paese di origine e in quello di destinazione sulla base delle rispettive norme domestiche (cd. “dual residence). Quindi, qualora lo Stato di emigrazione sia un territorio a fiscalità ordinaria, il procedimento di accertamento del luogo di effettiva residenza della persona fisica seguirà i criteri (cd. “tie breaker rules”) individuati dalle convenzioni bilaterali sottoscritte dagli Stati contraenti. Sinteticamente, si fa riferimento al seguente procedimento (e ordine): (i.) individuazione dello Stato nel quale il soggetto dispone di un’abitazione permanente  e, a parità di situazione, ove è localizzato il centro vitale degli interessi, (ii.) se il criterio precedente non è soddisfatto, individuazione dello Stato nel quale la persona  soggiorna abitualmente; (iii.) se il criterio precedente non è ancora soddisfatto, individuazione dello Stato del quale egli ha la nazionalità; (iv) se nessuno dei criteri precedenti fornisce esito positivo, la residenza viene determinata con accordo fra le autorità competenti (Amministrazioni finanziarie dei due Paesi).Se, invece, il trasferimento avviene verso uno Stato a fiscalità privilegiata, l’accertamento della doppia residenza può rappresentare un problema per la persona fisica. Per almeno due ragioni: (i.) la mancanza di una convenzione bilaterale con l’Italia che regoli l’allocazione dei poteri impositivi e (ii.) la tassazione in Italia di tutti i redditi della persona fisica ovunque prodotti (art. 3, comma 1 del Tuir), senza alcun riconoscimento di crediti d’imposta esteri (ancorché l’altro Stato possa essere a fiscalità ridotta o prossima allo zero). In particolare, il comma 2-bis dell’art. 2 del Tuir introduce una presunzione legale relativa di residenza italiana della persona fisica trasferita all’estero – suscettibile di prova contraria da parte del contribuente – ogni qualvolta il paese di destinazione sia uno Stato o territorio a fiscalità privilegiata individuato dal DM 4 maggio 1999 (si veda la tabella allegata):

È da aggiungere che, in questi casi, la persona fisica ha ampia facoltà di provare l’esistenza di fatti e atti che avvalorino l’effettività della situazione conclamata con l’iscrizione all’AIRE, formalizzando così l’instaurazione di una reale e duratura presenza nel nuovo paese di residenza per l’effetto di un complesso rapporto di interessi economici, familiari e sociali ivi localizzati e la conseguente perdita di ogni significativo collegamento con il territorio italiano. L’importanza di una corretta individuazione del centro vitale degli interessi della persona è presto detta. Se il domicilio è rappresentativo di una radicalizzazione sul territorio degli interessi patrimoniali ed economici della persona nonché dei suoi rapporti di natura morale, sociale e familiare, tesi ad integrare una situazione giuridica che connota la volontà del soggetto di stabilire e conservare in un luogo il centro dei propri legami (affettivi e non solo), la residenza, pur rappresentando la dimora abituale dell’individuo, non garantisce quel necessario livello di radicamento con il territorio e di interconnessione soggettiva con gli interessi che portano una persona fisica a manifestare l’intenzione di rimanervi.

Per quanto concerne ai mezzi di prova idonei a superare la presunzione di residenza in Italia, i documenti di prassi amministrativa elaborati nel tempo (cfr. Provvedimento n. 43999/2017 con riguardo alle liste selettive per i controlli soggetti AIRE, Circolare n. 304/1997, Circolare della Guardia di Finanza n. 1/2018 o la checklist per l’istanza di interpello sul regime dei neo-residenti ex art. 24-bis del Tuir) forniscono ampie indicazioni. Dunque, l’attenzione deve essere posta sugli interessi economici della persona – come i movimenti di capitale da e verso l’estero, la titolarità di partita Iva, le partecipazioni in società residenti di persone o a ristretta base azionaria o la titolarità di altre cariche sociali, e su quelli di natura persona e sociale – come la residenza del nucleo familiare, il luogo di iscrizione ed effettiva frequenza scolastica dei figli, le utenze (elettriche, idriche, gas e telefoniche), la disponibilità di autoveicoli e motoveicoli, il versamento di contributi per collaboratori domestici, gli atti su imposta del registro, il sostenimento di spese di vitto e alloggio piuttosto che di associazione a circoli sportivi o la stipula di contratti di acquisto o di locazione immobiliare.

Non ultimo, l’accertamento dell’esterovestizione della persona fisica trasferita in Stati o territori a fiscalità privilegiata comporterebbe rilevanti effetti indiretti connessi alla detenzione di attività e investimenti di natura finanziaria esteri, che avrebbe dovuto essere dichiarati in Italia. Si parla quindi (i.) di presunzione legale relativa ex art. 12, comma 2 del DL n. 78/2009, che consente all’Amministrazione finanziaria di considerare reddito sottratto a tassazione l’ammontare dei capitali e delle attività estere detenuti dal contribuente nello Stato o territorio a regime fiscale privilegiata in violazione delle norme sul monitoraggio fiscale, (ii.) di raddoppio delle sanzioni amministrative sui redditi non dichiarati (art. 1 del D.lgs n. 471/1997 e art. 12, comma 2 del DL n. 78/2009), (iii.) di raddoppio dei termini per l’accertamento previsti dall’art. 43 del dPR n. 600/73 (art. 12, comma 2-bis del DL n. 78/2009), (iv.) di raddoppio dei termini di decadenza per la contestazione delle violazioni sul monitoraggio fiscale (art. 12, comma 2-ter del DL n. 78/2009), (v.) di raddoppio delle sanzioni per le violazioni in materia di monitoraggio fiscale per omessa compilazione del quadro RW (art. 5 comma 2 del DL n. 167/1990) e, infine, (vi.) di sanzioni per l’omessa dichiarazione dell’Imposta sul Valore degli Immobili situati all’Estero (IVIE) e dell’Imposta sul Valore delle Attività Finanziarie detenute all’Estero (IVAFE).

Il tema del trasferimento di residenza all’estero presenta maggiori criticità quando il soggetto emigrato è una persona fisica legata al mondo sportivo, come può essere l’agente di calciatori, considerato che la dinamicità dell’attività esercitata (in termini di assistenza professionale a soggetti partecipanti a campionati di diversa nazionalità) può comportare certe difficoltà nell’inquadrare il luogo degli interessi economici principali della persona e, quindi, del suo centro vitale degli interessi.

In questo contesto si inseriscono i fatti sottoposti con l’appello dell’Agenzia delle entrate ai giudici regionali, lamentando sia la carenza di motivazioni nella sentenza di primo grado che l’omessa valutazione delle risultanze istruttorie raccolte nel corso della verifica dalla Guardia di Finanza, idonee a dimostrare la permanenza in Italia della sede principale degli affari e degli interessi del contribuente. Difatti, accertata l’iscrizione all’AIRE del contribuente per l’annualità oggetto di verifica, l’indagine della commissione tributaria lombarda si è concentrata sull’individuazione della sede principale degli affari o interessi della persona (domicilio civilistico), escludendo anche che lo stesso avesse in Italia la propria dimora abituale (residenza civilistica). Venivano quindi posti sotto la lente di ingrandimento gli interessi economici del soggetto – come i movimenti di capitale da e verso l’estero, la disponibilità di conti correnti con delega ad operare e la titolarità di cariche sociali, e quelli personali – come il luogo di residenza del nucleo familiare e il sostenimento di spese personali per il proprio e il loro mantenimento, oltreché la disponibilità di immobili per il soggiorno in Italia. Partendo dagli accertamenti dei conti correnti bancari aperti in Italia e riconducibili al contribuente (in qualità di delegato o contitolare insieme alla compagna), emergevano un numero di operazioni che, per entità, frequenza e casuali, dimostravano un radicamento della persona sul territorio dello Stato. Venivano a tal fine citate le spese di mantenimento della ex moglie, le spese di istruzione ed attività sportive del figlio o l’acquisto di un appartamento per la figlia, oltre che spese personali e prelievi al bancomat, denotando la volontà di coltivare anche dal punto di vista economico delle relazioni personali in Italia che portavano ad inquadrare in tal luogo il domicilio fiscale. Con riguardo alle movimentazioni di capitali, venivano individuate transazioni in uscita verso società riconducibili al contribuente, perché direttamente afferenti alle sue attività professionali nel mondo calcistico e perché riguardanti, in certi casi, una società sportiva professionistica di cui lo stesso era proprietario. Ciò avrebbe comprovato il perdurare di un legame che riguardava anche la sfera degli interessi lavorativi, dimostrando come lo stesso curasse i propri affari dall’Italia utilizzando conti correnti italiani. In questa direzione assumevano rilevanza anche alcune dichiarazioni fornire da collaboratori e professionisti che per anni avevano lavorato con l’agente sportivo, secondo cui l’attività professionale si sarebbe sostanzialmente sviluppata in Italia e non nel Principato di Monaco. Questo, secondo i giudici, avrebbe giustificato l’attività svolta in Italia utilizzando lo schermo di una società di cui lo stesso, al di là della formale intestazione delle quote e delle cariche amministrative a familiari a lui riconducibili, possedeva una delega ad operare sui conti correnti (con svariate movimentazioni in entrata e in uscita), come dimostrato da alcune fatture emesse nel 2009 dalla società stessa in relazione ad attività di rappresentanza svolta dall’agente sportivo a favore di calciatori professionisti del campionato italiano. Complessivamente, quindi, la CTR ravvisava “dall’esame del compendio probatorio che da una parte il contribuente non ha adeguatamente assolto l’onere a suo carico (NdA: presunzione di fittizietà della residenza estera ai sensi dell’art. 2, comma 2-bis del Tuir) e viceversa esistono elementi seri e fondanti che consentono di ritenere l’estero vestizione della residenza”. Quindi, le prove fornite dalla controparte nel corso della verifica fiscale avrebbero solamente dimostrato che il soggetto possedeva proprietà di immobili nel Principato di Monaco, ma tale fatto non sarebbe incompatibile con l’aver localizzato in Italia il centro principale degli affari e interessi.

Per queste ragioni, la sentenza di primo grado veniva integralmente riformata.

Da un punto di vista operativo, le conclusioni raggiunte dalla CTR confermano l’importanza dell’organizzare un set documentale idoneo a dimostrare il reale e duraturo insediamento all’estero per tutto il periodo di iscrizione all’AIRE. Questo vuol dire individuare gli elementi che possano denotare la volontà del soggetto di eradicare ogni collegamento con l’Italia, sulla base di indicatori economico-patrimoniali e familiari-sociali che siano adeguatamente corroborati dall’effettiva presenza all’estero della persona, “atteso che il superamento della prova contraria alla presunzione legale non può che scaturire da una complessiva considerazione della posizione del contribuente” (cfr Circolare n. 140/1999, Min. Finanze). In ragione di ciò, l’agente sportivo potrà superare la presunzione di residenza in Italia attraverso la produzione di documenti, atti e contratti dai quali emergano, fra gli altri:

Non da ultimo, considerata la rilevanza pubblica che spesso viene associata all’attività dei procuratori sportivi, una particolare attenzione andrà posta alla gestione degli aspetti “social”, che possono incidere negativamente sulla valutazione d’insieme dei molteplici rapporti dell’individuo con lo Stato italiano. Valgano, su tutte, le indicazioni fornite dalla Circolare della Guardia di Finanza n. 1/2018 (Volume III, paragrafo 4(4)(a)), secondo cui “ai fini dell’attribuzione della residenza fiscale, in sede ispettiva è necessario acquisire e riscontrare una serie di “indicatori” della sussistenza dei presupposti impositivi in Italia e degli elementi reddituali eventualmente sottratti all’imposizione, acquisendo concreti elementi, documentali o di fatto, idonei a comprovare l’esistenza di legami di ogni genere fra la persona ed il territorio nazionale, desumibili da fatti e atti concludenti ovvero da pubbliche evidenze; ulteriori indicazioni in tal senso possono anche essere tratte dalla ricognizione della stampa locale, nazionale e dei mass media in genere, oltre che da eventuali pubblicazioni a carattere biografico, anche attraverso l’esplorazione della rete internet”.

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