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Presupposto di extra-territorialità sui compensi pagati dalle maison italiane per lo sfruttamento dei diritti d’immagine

Con la risposta ad interpello n. 700/2021 – seguito da BDC Associati per conto di una casa di moda francese – ha fornito lo spunto per sviluppare una riflessione sull’extraterritorialità dei compensi corrisposti a soggetti non residenti per lo sfruttamento dei diritti di immagine, nel diverso caso in cui il committente sia una società italiana impegnata a realizzare una campagna pubblicitaria all’estero.
Con potenziali benefici anche per quei modelli o celebrità che vogliano trasferirsi in Italia nell’ambito del regime dei neo-residenti ex art. 24-bis TUIR

L’interesse verso il tema legato alla disciplina del diritto all’immagine è significativamente cresciuto negli ultimi anni, in corrispondenza dell’evoluzione social della società che ha comportato, in breve tempo, il diffondersi di strumenti divenuti straordinari veicoli di diffusione dell’immagine di personalità note – siano essere sportivi, artisti o celebrità legate al mondo dello spettacolo – sollevando questioni riguardanti la tutela di detto diritto e lo sfruttamento economico da parte dei titolari.

Esso rappresenta infatti il diritto inviolabile della persona affinché la propria immagine non venga esposta, riprodotta o pubblicata senza il suo consenso e fuori dai casi previsti dalla legge, trovando tutela giuridica nell’art. 10 cod. civ. e nel più ampio diritto di ciascun individuo alla protezione della riservatezza quale espressione e modo d’essere della personalità nel suo complesso. La norma civilistica non fornisce tuttavia alcuna definizione di immagine o di diritto all’immagine, occupandosi invero unicamente della tutela risarcitoria per la lesione da parte di terzi dei diritti dell’individuo con pregiudizio al decoro o alla reputazione della persona stessa, senza il consenso dell’interessato.

Questa lettura va integrata con gli artt. 96 e 97 della Legge 22 aprile 1941, n. 633 (cd. “legge sul diritto d’autore”), che tutelano il diritto all’immagine individuando – nel consenso dell’interessato – l’elemento che esime dalla responsabilità civile il soggetto che procede alla divulgazione dell’immagine altrui, pur nei limiti connessi alla rilevanza della notorietà del soggetto riprodotto, che possano giustificare un argine alla violazione del diritto all’immagine autonomamente risarcibile.

Non esiste, quindi, una specifica disciplina dedicata allo sfruttamento del diritto all’immagine, la cui regolamentazione è demandata all’autonomia contrattuale (e privata) fra le parti, permettendo così all’acquirente di utilizzare pubblicamente l’immagine altrui e di conseguire un vantaggio economico, considerato che la componente morale del diritto stesso è sempre personale e, pertanto, inalienabile da parte del titolare.

L’operazione di cessione del diritto di sfruttamento dell’immagine è pertanto idonea a generare effettivi impositivi in capo al soggetto cedente, a seconda delle modalità con cui detto diritto viene sfruttato dal titolare in base agli accordi contrattuali intervenuti fra le parti interessate.

Questi temi sono affrontati nel contributo pubblicato sull’ultimo numero della rivista “Fiscalità e Commercio Internazionale” (n. 3/2022), riportato di seguito (unitamente all’interpello n. 700/2021).