L’approssimarsi della scadenza per la trasmissione della Certificazione Unica, il prossimo 16 marzo, impone ai sostituti d’imposta di programmare la gestione della compliance fiscale per i soggetti che beneficiano del regime speciale per lavoratori impatriati. L’invio di tale modello rappresenta il primo passo di una serie di adempimenti che, articolati su più livelli, permetteranno al contribuente di assolvere ai propri doveri dichiarativi nei confronti dell’Erario.
Nel seguito verrà quindi effettuata una ricognizione preliminare sul regime speciale per lavoratori impatriati alla luce dei recenti chiarimenti interpretativi forniti dalla Circolare n. 33/E del 28 dicembre 2020, cercando di individuare – per gradi – gli adempimenti richiesti ai sostituti d’imposta ed ai contribuenti per una corretta gestione della compliance fiscale connessa all’esercizio del beneficio in parola, con particolare sguardo agli sportivi professionisti e ai soggetti esercenti un’attività artistica.
Sommario: 1. Il regime degli impatriati: dal Decreto Internazionalizzazione alla Circolare n. 33/E/2020 – 2. La gestione degli adempimenti fiscali richiesti al sostituto d’imposta – 3. Gli aspetti dichiarativi connessi alla fruizione del regime agevolativo da parte degli sportivi professionisti e soggetti esercenti un’attività artistica
1. Il regime degli impatriati: dal Decreto Internazionalizzazione alla Circolare n. 33/E/2020
Nell’ambito delle misure agevolative introdotte per favorire la crescita e l’internazionalizzazione delle imprese, nonché per attrarre capitale umano in Italia, l’art. 16 del Decreto Legislativo 14 settembre 2015, n. 147 (cd “Decreto Internazionalizzazione”, anche “d.lgs n. 147/2015”) ha previsto una specifica norma rivolta ai lavoratori che trasferiscono la residenza nel territorio dello Stato. Il regime agevolativo, secondo la formulazione in vigore dal 7 ottobre al 31 dicembre 2015, prevedeva la fruizione del beneficio per i lavoratori che trasferissero la residenza in Italia allorché (i) in possesso di requisiti di elevata qualificazione o specializzazione, (ii) rivestissero ruoli direttivi, (iii) non fossero stati residenti in Italia nei cinque periodi di imposta precedenti e (iv) si impegnassero a rimanervi per almeno due anni, prestando l’attività lavorativa prevalentemente nel territorio italiano a favore di un’impresa residente in forza di un rapporto di lavoro instaurato con questa società o altre società del gruppo. La norma prevedeva che concorressero alla formazione del reddito complessivo del soggetto ai fini Irpef il 70% dei redditi di lavoro dipendente, ammettendo così una detassazione del rimanente 30% a partire dal periodo d’imposta in cui avveniva il trasferimento e per i successivi quattro periodi d’imposta.
Gli interventi normativi succedutesi con le leggi di Stabilità 2016[1] e 2017[2] hanno esteso i benefici della normativa ai soggetti trasferitisi in Italia entro il 31 dicembre 2015 ai sensi dell’art. 2, comma 1 della Legge del 30 dicembre 2010, n.238, nonché – a partire dal 1° gennaio 2017 – hanno ristrutturato il corpo normativo che ha poi costituito il punto di partenza per le novità introdotte con il Decreto-Legge del 30 aprile 2019, n. 34 (“Decreto Crescita”). In particolare, confermando i requisiti di carattere generale vigenti al 31 dicembre 2016, dal 2017 veniva modificata la misura dell’agevolazione prevedendo che i redditi di lavoro dipendente e – da quel momento – anche i redditi di lavoro autonomo concorressero alla formazione del reddito complessivo limitatamente al 50% del loro ammontare, ampliando inoltre la platea dei soggetti beneficiari dell’agevolazione ai cittadini di Stati diversi da quelli appartenenti all’Unione europea, con i quali fosse in vigore una convenzione per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito ovvero un accordo sullo scambio di informazioni in materia fiscale, purché in possesso di determinati requisiti.
L’art. 5 del Decreto Crescita è quindi intervenuto con una parziale – ma decisiva – revisione al regime agevolativo, ampliando ulteriormente la platea dei soggetti beneficiari e semplificando i requisiti di accesso. La prima scrittura del Decreto Crescita (ante-conversione in legge), destinata ai soggetti che trasferivano la residenza in Italia ai sensi dell’art. 2 del TUIR a partire dal 1° gennaio 2020, ha previsto infatti l’estensione dell’agevolazione ai soggetti titolari di un reddito d’impresa per attività avviate in Italia a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2019 ed ai redditi assimilati a quello di lavoro dipendente, con un incremento della percentuale ordinaria di detassazione del reddito (dal 50% al 70%) e una riduzione dei termini di residenza estera necessari prima del trasferimento in Italia (da 5 a 2 periodi d’imposta precedenti). Contestualmente, veniva meno il requisito riguardante lo svolgimento di ruoli apicali o denominati da particolari requisiti di qualificazione o specializzazione. La nuova misura agevolativa ha previsto una maggiore soglia di detassazione del reddito al 90% nel caso in cui la persona, al ricorrere di specifiche condizioni (figli minorenni o a carico e acquisto di un’abitazione), dovesse trasferire la residenza in una regione del Mezzogiorno (Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sardegna e Sicilia). Parimenti, vi è la possibilità di un rinnovo del beneficio fiscale per un ulteriore quinquennio, pur nei limiti del 50% del reddito imponibile, qualora il soggetto abbia almeno 1 figlio minorenne o a carico (anche in affido preadottivo) oppure diventi proprietario di un’unità immobiliare di tipo residenziale in Italia entro i 12 mesi successivi al trasferimento in Italia (anche se acquistata dal coniuge, convivente o figli, anche in comproprietà). La misura della detassazione è elevata, per il secondo quinquennio, al 90% nel solo caso di lavoratori con almeno 3 figli minorenni o a carico (anche in affido preadottivo).
Fra i destinatari della norma vi sono anche gli sportivi professionisti. Per questi ultimi, tuttavia, la codificazione della norma è avvenuta attraverso un iter ad ostacoli, che ha visto “rimodulare” il beneficio dal 70% (finanche al 90%, nel caso vi fosse stato il trasferimento nel Mezzogiorno) al 50% in fase di conversione del Decreto Crescita in Legge 29 giugno 2019, n. 58. Questo perché le critiche pervenute da più parti hanno suggerito di “limitare” la misura dell’agevolazione fiscale in una forma più contenuta, in ragione degli stipendi particolarmente elevati riconosciuti da talune società sportive (soprattutto calcistiche) ai propri tesserati, nonché per evitare ogni discriminazione su base territoriale che avrebbe senza dubbio penalizzato i club calcistici del Centro e Nord Italia a dispetto di quelli del Sud Italia. Sicché, in fase di conversione in legge, sono stati inseriti i commi 5-quater[3] e 5-quinquies[4] all’art. 5 del Decreto Crescita, prevedendo che i redditi degli sportivi professionisti (atleti, allenatori, direttori tecnico-sportivi e preparatori atletici) – intesi come i soggetti che, ai sensi della legge sul professionismo sportivo (Legge 23 marzo 1981 n. 91)[5], “esercitano l’attività sportiva a titolo oneroso con carattere di continuità nell’ambito delle discipline regolamentate dal CONI e che conseguono la qualificazione dalle federazioni sportive nazionali, secondo le norme emanate dalle federazioni stesse, con l’osservanza delle direttive stabilite dal CONI per la distinzione dell’attività dilettantistica da quella professionistica”[6] – concorrano alla formazione del reddito nella misura del 50% del loro ammontare in luogo dell’ordinario 30% o 10%. Inoltre, è previsto che dall’esercizio dell’opzione per il regime agevolativo consegue il versamento (da parte degli sportivi) di un contributo pari allo 0,5% della “base imponibile”, da destinarsi ad un fondo gestito dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri per potenziare i settori sportivi giovanili.
Questi ultimi due aspetti, concernenti l’introduzione dei commi 5-quater e 5-quinquies ed i conseguenti aspetti applicativi, sono stati al centro di una fervente discussione seguente alla pubblicazione della Circolare n. 33/E/2020, con cui l’amministrazione finanziaria riteneva che i benefici della norma speciale non potessero essere riconosciuti ai lavoratori impatriati nel settore dello sport professionistico, subordinando l’agevolazione alla pubblicazione (all’epoca mancante) del Dpcm previsto dal comma 3 dell’art. 5 del Decreto Crescita, che avrebbe dovuto recare disposizioni di attuazione del nuovo art. 16 del d.lgs n. 147/2015 (cui, fra l’altro, era demandato il compito di definire le modalità di versamento del contributo dello 0,5%). Le motivazioni richiamate dall’Agenzia delle entrate affermavano infatti che “su parere conforme del Ministero dell’Economia e delle finanze – Dipartimento delle Finanze (Registro Ufficiale prot. 324497 del 9 ottobre 2020), si precisa che ai richiamati soggetti non può essere, tuttavia, riconosciuto il regime agevolato previsto nell’articolo 16, comma 5-quater, in esame finché non sarà adottato il d.P.C.M. di cui al successivo comma 5-quinquies del medesimo articolo 16”. Evidentemente consci del “danno” economico per l’intero movimento sportivo, con apposito Dpcm (bollinato in data 26 Gennaio 2021, ma non ancora pubblicato in Gazzetta Ufficiale alla data di pubblicazione del presente articolo) sono state definite le condizioni per il versamento del contributo (si veda per approfondimeti il sito del Dipartimento dello Sport) chiarendo che “sono fatti salvi comportamenti e le opzioni esercitate in sede di dichiarazione dei redditi 2019, previo versamento dei contributi dovuti da effettuarsi entro il 15 marzo 2021 con le modalità di cui agli articoli 17 e seguenti del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, senza la possibilità di avvalersi della compensazione ivi prevista. L’eventuale omesso o insufficiente versamento del contributo entro il termine di cui al comma 1 comporta la decadenza del beneficio di cui all’articolo 16, comma 5-quater del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147, con le debite conseguenze di legge”. A regime, quindi, il versamento del contributo annuale è dovuto entro il termine di versamento del saldo dell’Irpef relativa al periodo d’imposta di riferimento (30 giugno), senza possibilità di compensazione con eventuali crediti tributari. Il versamento sarà comunicato dai lavoratori impatriati al Dipartimento per lo Sport attraverso la compilazione di un modulo, che sarà reso prossimamente disponibile[7], con il quale saranno resi noti (i) l’adesione al regime, (ii) la somma versata, (iii) i dati identificativi del soggetto optante, (iv) i dati del datore di lavoro e della federazione sportiva nazionale di riferimento.
Con riguardo alla più ampia categoria dei lavoratori impatriati (pensando soprattutto ai soggetti esercenti un’attività artistica nell’ambito di un’attività di lavoro autonomo), l’art. 13-ter del Decreto-Legge 26 ottobre 2019, n. 124 (convertito in Legge 19 dicembre 2019, n. 157) ha quindi anticipato il diritto alla fruizione delle disposizioni contenute nell’art. 5 del Decreto Crescita, prevedendo che “Le disposizioni di cui al comma 1, lettere a), b), c) e d), si applicano, a partire dal periodo d’imposta in corso, ai soggetti che a decorrere dal 30 aprile 2019 trasferiscono la residenza in Italia ai sensi dell’articolo 2 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e risultano beneficiari del regime previsto dall’articolo 16 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147”. Si aprivano così tre scenari per quei soggetti che avessero trasferito la residenza fiscale in Italia nel corso del periodo d’imposta 2019. Il primo era quello in cui il rientro fosse avvenuto fra il 1° gennaio e il 29 aprile 2019: in questo caso, il soggetto doveva ancora fruire del “vecchio” regime ante-Decreto Crescita. Un secondo scenario, rappresentato da coloro che avessero trasferito la residenza dal 30 aprile al 2 luglio 2019 – ovverosia l’ultimo giorno disponibile affinché fosse integrato il requisito temporale per acquisire la residenza fiscale sul territorio dello Stato (“per la maggior parte del periodo d’imposta sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del Codice civile”) – che avevano così la possibilità di beneficiare anticipatamente del nuovo regime. E, infine, il caso dei soggetti che avessero trasferimento la residenza dal 3 luglio al 31 dicembre 2019, per i quali il beneficio della normativa speciale sarebbe slittato al 2020 non essendo integrati i presupposti della residenza fiscale in Italia per il periodo d’imposta in esame. Tuttavia, la possibilità di beneficiare del nuovo regime già dal 2019 era vincolata all’istituzione di un “Fondo controesodo” da emanare con apposito decreto del Ministero dell’economia e delle finanze (“ai fini dell’aumento dell’agevolazione dal 50 al 70 per cento – è necessario che venga emanato il relativo decreto da parte del richiamato dicastero, al quale si rinvia per l’individuazione dei criteri per la richiesta di accesso alle relative prestazioni”) ma che, ad oggi, ancora non è stato pubblicato. Sul tema è intervenuta la Circolare n. 33/E/2020 la quale ha confermato che, per il momento, i soggetti che sarebbero in possesso di tutti i requisiti per beneficiare delle nuove disposizioni già a partire dal periodo d’imposta 2019 debbano comunque avvalersi dell’agevolazione nella misura minore del 50%[8].
In ogni caso, le misure previste dalla disciplina speciale sui lavoratori impatriati sono esclusive ovvero non cumulabili in capo allo stesso soggetto con altre agevolazioni facenti parte di un pacchetto normativo destinato alle persone che trasferiscono la propria residenza fiscale in Italia (come la disciplina sui cd. “neo-residenti” prevista dall’art. 24-bis del TUIR).
Conclusivamente, la tabella nel seguito allegata sintetizza i caratteri principali del regime speciale per lavoratori impatriati attualmente in vigore:
Definito il quadro sistemico all’interno del quale si inserisce la disciplina in analisi, si passerà a valutare gli aspetti di compliance fiscale a carico dei sostituti d’imposta (par. 2) e dei contribuenti (par. 3).
2. La gestione degli adempimenti fiscali richiesti al sostituto d’imposta
I sostituti d’imposta che nel periodo d’imposta 2020 abbiano operato ritenute a titolo d’acconto dell’Irpef – previste in relazione al rapporto di lavoro intercorrente fra le parti – sono tenuti, entro il 16 marzo p.v., a trasmettere in via telematica all’Agenzia delle Entrate le certificazioni relative ai redditi di lavoro dipendente (e assimilati), ai redditi di lavoro autonomo e ai redditi diversi. Più in particolare, per i fini che qui vengono richiamati, le certificazioni devono riguardare ritenute alla fonte operate ai sensi degli artt. 23, 24 e 25 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, che riportano redditi che sono dichiarabili con il modello 730 precompilato (diversamente, in presenza di CU contenenti esclusivamente redditi esenti o non dichiarabili tramite modello 730 precompilato, la scadenza per l’invio è il 2 novembre 2021, in quanto la regolare scadenza del 31 ottobre e il giorno successivo sono giorni festivi).
Ciò premesso, con riguardo al regime speciale dei lavoratori impatriati, le sezioni che dovranno essere compilate riguarderanno, nel caso del datore di lavoro, i dati presenti su “Certificazione lavoro dipendente, assimilati ed assistenza fiscale”, mentre, nel caso di soggetti che abbiano erogato somme al di fuori di un rapporto di lavoro subordinato, i dati presenti su “Certificazione di lavoro autonomo, provvigioni e redditi diversi”.
Una prima novità che interessa entrambe le casistiche attiene alla compilazione del punto 11 della Certificazione Unica 2021 (anche “CU”), che prevede l’indicazione – a cura del sostituto d’imposta – dello stato estero di provenienza del soggetto beneficiario della normativa sui lavoratori impatriati, quindi il paese in cui era residente fino al rientro o trasferimento in Italia.
Tale informativa si riflette anche nel frontespizio del modello Redditi PF 2021, che richiede la compilazione della casella “Stato Estero” per evidenziare situazioni in cui il contribuente si avvalga in dichiarazione dei redditi delle agevolazioni previste per i lavoratori impatriati.
Venendo al caso dei lavoratori impatriati subordinati, il datore di lavoro deve indicare nel punto 1 della CU 2021 l’ammontare del reddito corrisposto nel periodo d’imposta 2020, indicando esclusivamente la quota imponibile (quindi, al netto del reddito detassato).
Parimenti, nel punto 463 si andrà ad evidenziare l’ammontare delle somme che non hanno concorso a formare il reddito imponibile, avendo cura di indicare nel punto 462 uno dei seguenti codici:
- “5”, nel caso di lavoratori impatriati che usufruiscono della disciplina secondo le modifiche recate con la Legge di Stabilità 2017 e detassazione del 50% del reddito imponibile;
- “9”, nel caso di lavoratori impatriati che beneficiano del regime speciale con abbattimento del 70% della base imponibile (comma 1 dell’art. 16 del d.lgs n. 147/2015);
- “10”, nel caso di lavoratori impatriati che beneficiano del regime speciale con abbattimento del 90% della base imponibile (comma 5-bis, nel caso di trasferimento nel Mezzogiorno);
- “11”, nel caso degli sportivi professionisti che beneficiano del regime speciale con abbattimento del 50% della base imponibile (comma 5-quater).
Inoltre, laddove il datore di lavoro non avesse riconosciuto sul cedolino paga l’abbattimento del reddito imponibile nei limiti previsti dalla norma vigente ratione temporis, nelle Annotazioni alla CU 2021 dovrà essere riportato:
- il cod. “BD” nel caso in cui il lavoratore debba fruire dei benefici previsti dalla norma in vigore secondo le modifiche introdotte con la Legge di Stabilità 2017 (esenzione 50%);
- il cod. “CQ” nel caso di l’abbattimento del reddito imponibile richiesto sia del 70%;
- il cod. “CR” nel caso di l’abbattimento del reddito imponibile richiesto sia del 90%;
- il cod. “CS” nel caso di l’abbattimento del reddito imponibile richiesto sia del 50%.
In tal modo, il lavoratore impatriato avrà modo di recuperare le imposte versate in eccedenza indicando l’ammontare riportato nel punto 463 nella propria dichiarazione dei redditi (nel caso di compilazione del modello 730, sarà richiesto di compilare la casella “Casi particolari” all’interno del Quadro 3, sezione I “Redditi di lavoro dipendente e assimilati”; nel caso di presentazione del modello RPF dovrà essere compilata la casella “Casi particolari” presente nel quadro RC). Tale importo sarà anche segnato nel modello PF nella sez. V del quadro RC “Riduzione Pressione Fiscale”, rigo RC14, col. 6 “Esenzione impatriati”, chiarendo a quale tipologia di disciplina agevolativa si ha diritto sulla base di codici sopra esposti (“BD”, “CQ”, “CR2, “CS”). Diversamente, qualora il soggetto abbia già beneficiato della detassazione in busta paga (fattispecie che non richiede la compilazione delle Annotazioni alla CU 2021), in quest’ultimo rigo (rigo RC14, col. 6) dovrà essere esclusivamente riportata la quota di reddito di lavoro dipendente evidenziata nei righi da RC1 a RC3.
Inoltre, considerato che per i soggetti rientrati in Italia dal 30 aprile al 2 luglio 2019 la possibilità di beneficiare delle maggiori detassazioni (70%-90%) è subordinata all’emanazione del citato decreto ministeriale – che, come detto, al momento non è stato ancora stato pubblicato – la compilazione della CU 2021 dovrà essere accompagnata dal cod. “5”.
Le stesse modalità dichiarative sono da seguire per la compilazione della sezione relativa ai conguagli spettanti in caso di redditi erogati da più soggetti. Nel caso specifico, al punto 531 il sostituto d’imposta dovrà indicare l’importo complessivo dei redditi corrisposti da altri soggetti e da lui stesso conguagliati. Parimenti, nel punto 551 della CU 2021 dovrà evidenziato uno dei seguenti codici:
- “5”, nel caso di somme che non abbiano concorso alla formazione del reddito imponibile (detassazione al 50%) relativamente a compensi percepiti da lavoratori impatriati che usufruiscono della disciplina secondo le modifiche recate con la Legge di Stabilità 2017;
- “9”, nel caso di somme che non abbiano concorso alla formazione del reddito imponibile (detassazione al 70%) relativamente a compensi percepiti da lavoratori impatriati che usufruiscono della disciplina secondo la nuova disciplina recata dal comma 1;
- “10”, nel caso di somme che non ha abbiano concorso alla formazione del reddito imponibile (detassazione al 90%) relativamente a compensi percepiti da lavoratori impatriati che usufruiscono della disciplina secondo la nuova disciplina recata dal comma 5-bis (trasferimento nel Mezzogiorno);
- “11”, nel caso di somme che non abbiano concorso alla formazione del reddito imponibile (detassazione al 50%) relativamente a compensi percepiti da sportivi professionisti (comma 5-quater).
Conseguentemente, nel punto 552 dovrà essere indicato il corrispondente ammontare
Venendo invece al caso dei lavoratori impatriati che operano nell’ambito di un rapporto di lavoro autonomo, come potrebbero essere i soggetti esercenti un’attività artistica, il sostituto d’imposta che ha erogato somme a titolo di compensi è chiamato a compilare il punto 4 della sezione “Certificazione di lavoro autonomo, provvigioni e redditi diversi”, indicando l’ammontare lordo corrisposto comprensivo delle somme che non concorrono a formare la base imponibile del percipiente (quindi, secondo le norme vigenti al momento del trasferimento in Italia, 50%, 70% o 90%). In questo caso, al successivo punto 6 dovranno essere indicati i codici “5”, “6”, “7” e “8”, secondo le logiche anzidette, per indicare il regime applicabile al soggetto percettore; conseguentemente, la quota di reddito esente (50%, 70% o 90%) dovrà essere indicato nel punto 7. Per differenza fra l’importo evidenziato al punto 4 e al punto 6, il punto 8 indicherà la quota di reddito imponibile.
3. Gli aspetti dichiarativi connessi alla fruizione del regime agevolativo da parte degli sportivi professionisti e soggetti esercenti un’attività artistica
Definita la parte di compliance spettante al datore di lavoro / sostituto d’imposta, passiamo agli adempimenti richiesti al contribuente, che si intendono nella compilazione del modello 730/2021 (anche “modello 730“) ovvero nella dichiarazione dei Redditi Persone Fisiche 2021 (anche “modello RPF“).
Più in particolare, le possibilità offerte ai lavoratori impatriati – nel caso di sportivi professionisti[9] e artisti – per dichiarare i propri redditi sono differenti in ragione dell’attività svolta, conseguendo, da questa, una differente possibilità di assolvimento dell’obbligazione tributaria. Lo scenario può essere così sintetizzato:
- si ricade in una situazione di “esonero” dagli adempimenti dichiarativi se gli sportivi o artisti possiedono esclusivamente redditi di lavoro dipendente, corrisposti da un unico sostituto d’imposta obbligato ad effettuare le ritenute d’acconto;
- è tuttavia possibile optare per l’invio del modello 730 o modello RPF qualora tali soggetti – pur svolgendo la propria attività nell’ambito di un rapporto di lavoro subordinato – abbiano altri redditi da dichiarare o spese da portare in detrazione;
- è possibile optare per l’invio del modello 730 o modello RPF nel caso di sportivi professionisti che non siano legati da un vincolo di subordinazione al datore di lavoro (come potrebbe essere il caso dei ciclisti ingaggiati per singole competizioni sportive) ma che, nell’ambito dell’art. 15 della legge sul professionismo sportivo, conseguano redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente;
- è possibile infine l’invio del solo modello RPF nel caso di sportivi professionisti (es. golfisti) e lavoratori della musica o dello spettacolo che conseguano redditi di lavoro autonomo. E’ infatti precluso l’invio del modello 730 in presenza di redditi di lavoro autonomo per i quali sia richiesta la partita IVA. Ecco quindi che la possibilità di utilizzare il modello 730 è possibile solo nel caso in cui il soggetto esegua prestazioni di lavoro autonomo non esercitate abitualmente e quindi non derivanti da attività professionale, per cui i compensi conseguiti possano al più configurare una fattispecie di redditi assimilati a quello di lavoro autonomo e non da lavoro autonomo propriamente detto.
Si ricorda, inoltre, che i redditi ritratti da uno sportivo nell’ambito di un’attività dilettantistica sono genericamente ricondotti nell’ambito dei redditi diversi e, pertanto, esclusi dal regime speciale per lavoratori impatriati.
Si è detto quindi che i lavoratori impatriati hanno, in primis, la possibilità di inviare modello 730 entro il 30 settembre 2021 al sostituto d’imposta che presta l’assistenza fiscale ovvero con l’ausilio di un CAF o di un professionista abilitato. In particolare, nel caso di lavoratore che operi nell’ambito di un rapporto di lavoro subordinato, è richiesta la compilazione del Quadro C “Redditi di lavoro dipendente e assimilati”, il quale richiama immediatamente il contribuente alla compilazione della casella “Casi particolari” e “Stato estero”. Questi deve compilare la prima casella esclusivamente nel caso in cui il datore di lavoro non abbia riconosciuto sul cedolino paga la detassazione del reddito imponibile nella misura prevista dalla normativa vigente ratione temporis (50%, 70%, 90%), indicando i codici “4”, “6”, “8” e “9” a seconda dei diversi casi (rispettivamente, regime previgente a seguito delle modifiche introdotte con la Legge di Stabilità 2017 e disciplina rimodulata dal Decreto Crescita nelle diverse ipotesi richiamate dal comma 1, 5-quinquies e 5-quater). L’annotazione riportata sul tale casella dovrà essere letta in combinato disposto con le Annotazioni alla CU 2021, dove il sostituto d’imposta avrà indicato i codici che individuano il mancato abbattimento del reddito imponibile nelle forme previste dalla legge (codici “BD”, “CQ”, “CR” e “CS”, come già esposto in precedenza). Pertanto, sia che l’agevolazione sia stata riconosciuta dal datore di lavoro (punto 1 della CU 2021) che in caso di mancato riconoscimento, con conseguente recupero tramite modello 730, l’importo da annotare nel rigo C1, colonna 1 dovrà riportare l’importo già detassato. La compilazione della casella “Casi particolari” richiede anche la necessaria indicazione dello “Stato estero” di ultima residenza del lavoratore: questo perché, qualora il beneficio fosse stato già riconosciuto dal datore di lavoro (quindi senza compilazione della casella “Casi particolari”), l’informazione stata sarebbe già a disposizione dell’amministrazione finanziaria in quanto riportata nella CU 2021.
La compilazione degli altri dati richiesti dal Quadro C seguirà invece i dati riportati nella CU 2021: il credito Irpef emergente a seguito della mancata detassazione del reddito da parte del datore di lavoro sarà evidenziato nel “Prospetto di liquidazione”, sez. “Liquidazione delle imposte del dichiarante”, rigo 91, col. 3 “Credito”. Allo stesso tempo, le eccedenze di addizionale regionale e comunale già versate saranno indicate nel rigo 91 e 92, col. 3. L’ammontare complessivo da rimborsare sarà quindi riportato nel rigo 163 “Importo che sarà rimborsato dal datore di lavoro o dall’ente pensionistico in busta paga” (ovvero rigo 164 in assenza di datore di lavoro al momento della presentazione del modello 730). L’accredito dell’importo dovuto sarà a cura del datore di lavoro (entro certi limiti) o dell’Agenzia delle entrate (previo accredito su conto corrente bancario ovvero con invio di assegno al contribuente).
Da ultimo, qualora il lavoratore impatriato decidesse di procedere con l’invio della dichiarazione tramite modello RPF, verrà richiesto di compilare – nel Frontespizio – la casella “Codice Stato Estero”, presente nel riquadro “Dati del contribuente”: tale adempimento è richiesto per tutti coloro che vogliano avvalersi dell’agevolazione, indicando il codice del paese di ultima residenza fiscale prima del trasferimento in Italia.
Quindi, nel caso di lavoratori dipendenti dovrà essere compilata la casella “Casi particolari” della Sezione I “Redditi di lavoro dipendente e assimilati” del Quadro RC: questo, però, esclusivamente nel caso in cui il datore di lavoro non abbia riconosciuto sul cedolino paga la detassazione del reddito imponibile nella misura prevista dalla normativa vigente ratione temporis (50%, 70%, 90%), indicando, anche qui, i codici “4”, “6”, “8” e “9” a seconda dei diversi casi (nuovamente, regime previgente a seguito delle modifiche introdotte con la Legge di Stabilità 2017 e disciplina rimodulata dal Decreto Crescita nelle diverse ipotesi richiamate dal comma 1, 5-quinquies e 5-quater).
Diversamente, nel caso in cui il soggetto impatriato operi nell’ambito di un lavoro autonomo conseguendo redditi derivanti dall’esercizio abituale di arti e professioni ai sensi dell’art. 53, comma 1 del TUIR (come possono essere i soggetti esercenti un’attività artistica con P.IVA), questi potrà beneficiare della detassazione direttamente in dichiarazione dei redditi tramite la compilazione del Quadro RE (fatta salva, ovviamente, la possibilità di fruire dell’agevolazione in sede di applicazione della ritenuta d’acconto operata dal committente ai sensi dell’art. 25 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, sui compensi percepiti, come richiamato anche dalla Circolare n. 17/E/2017). In tal caso, dovrà essere indicato nell’apposita casella “Impatriati – Art. 16 D.Lgs. 147/2015” uno dei seguenti codici: “1” nel caso in cui si fruisca delle agevolazioni introdotte con la Legge di Stabilità 2017, “2” nel caso in cui si tratti di detassazione del 70% del reddito imponibile; “4” per la detassazione del 90% del reddito imponibile con trasferimento della residenza nel Mezzogiorno e, infine, “5” nel caso di sportivi professionisti (in quest’ultimo caso, ricordiamo, previo versamento del contributo dello 0,5% della base imponibile nei termini richiamati nel paragrafo 1).
I lavoratori impatriati devono quindi indicare, nel rigo RE21, col. 2, l’ammontare degli eventuali redditi esteri per i quali non si applichi la misura agevolativa (tesa a detassare, come noto, i soli redditi di fonte italiana): tale importo, che viene indicato anche nella successiva colonna 3, deve essere sommato alla misura della tassazione agevolativa prevista (quindi, 30% se nella casella “Impatriati – Art. 16 D.Lgs. 147/2015” è stato evidenziato il codice “2”; 50% con codici “1” e “5%; 10% con codice “4”) che viene applicata alla differenza fra l’importo in RE21, col. 3 (equivalente al totale dei compensi indicati in RE6 meno il totale delle spese riportate in RE20). L’importo così calcolato costituirà il “Reddito (o perdita) delle attività professionali e artistiche” da indicare nel rigo RE23.
Il seguente esempio chiarirà meglio il meccanismo, analizzando il caso in cui il contribuente fruisca dell’agevolazione direttamente in dichiarazione dei redditi ovvero il soggetto pagatore, su richiesta del beneficiario, effettui le ritenute d’acconto in misura ridotta sul reddito imponibile detassato, che nell’ipotesi è stato considerato al 30%, ex comma 1 del “nuovo” art. 16 del d.lgs. n. 147/2015. Per semplicità non si terranno in considerazione gli aspetti contributi previdenziali né eventuali redditi di fonte estera da riportare nel rigo RE21, col. 2, assumento un’aliquota media Irpef del 25%.
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[1] Art. 1, comma 259 della Legge 208/2015.
[2] Art. 1, comma 150 e 151 della Legge 232/2016.
[3] Comma 5-quater: “Per i rapporti di cui alla legge 23 marzo 1981, n. 91, ferme restando le condizioni di cui al presente articolo, i redditi di cui al comma 1 concorrono alla formazione del reddito complessivo limitatamente al 50 per cento del loro ammontare. Ai rapporti di cui al primo periodo non si applicano le disposizioni dei commi 3-bis, quarto periodo, e 5-bis”.
[4] Comma 5-quinquies: “Per i rapporti di cui al comma 5-quater, l’esercizio dell’opzione per il regime agevolato ivi previsto comporta il versamento di un contributo pari allo 0,5 per cento della base imponibile. Le entrate derivanti dal contributo di cui al primo periodo sono versate a un apposito capitolo dell’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate a un apposito capitolo, da istituire nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per il successivo trasferimento al bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei ministri, per il potenziamento dei settori giovanili. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta dell’autorità di Governo delegata per lo sport e di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sono definiti i criteri e le modalità di attuazione del presente comma, definiti con il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze di cui al comma 3”.
[5] Ogni riferimento normativo alla Legge 23 marzo 1981, n. 91, dovrà essere coordinato con le disposizioni contenute nell’art. 5 della Legge 19 agosto 2019, n. 86, recante riordino e riforma delle disposizioni in materia i enti sportivi professionistici dilettantistici, nonché di lavoro sportivo, che prevede, all’art. 42, comma 1, l’abrogazione della suindicata legge sul professionismo sportivo a decorrere dal 1° settembre 2021. Ogni approfondimento al seguente articolo.
[6] Sono sportivi professionisti i soggetti tesserati per le federazioni affiliate al CONI, quindi Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC), Federazione Italiana Pallacanestro (FIP), Federazione Ciclistica Italiana (FCI) e Federazione Italiana Golf (FIG).
[7] Al sito www.sport.governo.it.
[8] Il par. 2.1 della Circolare chiarisce che “nelle more dell’emanazione di tale decreto si ritiene, su parere conforme del Ministero dell’Economia e delle finanze – Dipartimento delle Finanze (Registro Ufficiale prot. 324497 del 9 ottobre 2020), che i soggetti che abbiano trasferito la residenza fiscale in Italia dal 30 aprile 2019 al 2 luglio 2019, in presenza di tutti i requisiti previsti dalla norma, possono avvalersi dell’agevolazione nella minore misura del 50 per cento”.
[9]Ricordando che, nella definizione di sportivi professionisti (secondo la formulazione contenuta nella legge sul professionismo sportivo del 1981), sono compresi non solo gli atleti ma anche gli allenatori, i preparatori atletici e direttori tecnico-sportivi.