Come affrontato in un precedente post su questo sito, il Titolo II della Legge 22 aprile 1941, n. 633 (anche la “Legge sul Diritto d’Autore” o “L.d.A.”) pone norme a tutela dei diritti connessi all’esercizio del diritto d’autore. Nel seguito si analizzeranno i profili di fiscalità indiretta connessi a questa tipologia di compensi.
Gli artisti interpreti ed esecutori, piuttosto che produttori di supporti fonografici o di opere cinematografiche e audiovisive, emittenti radiofoniche e televisive, che offrono l’opera alla fruizione del pubblico, sono titolari di diritti patrimoniali e, in taluni casi, anche di diritti morali (come nel caso di artisti interpreti o esecutori) che si accostano ai diritti propri degli autori (beneficiari di facoltà esclusive di utilizzazione economica dell’opera).
I diritti connessi all’esercizio del diritto d’autore trovano anche codifica nell’art. 2579 del cod. civ., il quale dispone che:
“Agli artisti attori o interpreti di opere o composizioni drammatiche o letterarie, e agli artisti esecutori di opere o composizioni musicali, anche se le opere o composizioni sovraindicate sono in dominio pubblico, compete, nei limiti, per gli effetti e con le modalità fissati dalle leggi speciali, indipendentemente dall’eventuale retribuzione loro spettante per la recitazione, rappresentazione od esecuzione, il diritto ad un equo compenso nei confronti di chiunque diffonda o trasmetta per radio, telefono od altro apparecchio equivalente, ovvero incida, registri o comunque riproduca su dischi fonografici, pellicola cinematografica od altro apparecchio equivalente la suddetta recitazione, rappresentazione od esecuzione”.
Il regime IVA applicabile all’equo compenso
Fatte queste premesse, per un corretto inquadramento della disciplina applicabile ai compensi corrisposti a titolo di diritti connessi al diritto d’autore (equo compenso), è opportuno partire da una preliminare ricognizione sul trattamento IVA dei compensi su diritti d’autore, cercando di individuare eventuali punti di contatto fra le due discipline.
La norma di riferimento è da rinvenire nel d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (anche “dPR IVA”), che con l’art. 3, comma 2, n. 2) si occupa dei profili di fiscalità indiretta nei casi di cessioni definitive o temporanee dei diritti d’autore, disponendo che:
2. Costituiscono inoltre prestazioni di servizi, se effettuate verso corrispettivo:
2) le cessioni, concessioni, licenze e simili relative a diritti d’autore, quelle relative ad invenzioni industriali, modelli, disegni, processi, formule e simili e quelle relative a marchi e insegne, nonché le cessioni, concessioni, licenze e simili relative a diritti o beni similari ai precedenti;
In deroga a tale disposizione, il successivo comma 4, lett. a) chiarisce che:
4. Non sono considerate prestazioni di servizi:
a) le cessioni, concessioni, licenze e simili relative a diritti d’autore effettuate dagli autori e loro eredi o legatari, tranne quelle relative alle opere di cui ai nn. 5) e 6) dell’art. 2 della L. 22 aprile 1941, n. 633, e alle opere di ogni genere utilizzate da imprese a fini di pubblicità commerciale;
Da una lettura della norma, possiamo innanzitutto stabilire che sono “fuori campo IVA” le cessioni, concessioni, licenze e simili relative a diritti d’autore effettuate dagli autori e loro eredi o legatari, non integrando uno dei presupposti indefettibili del tributo. L’esclusione opera anche se l’autore è un professionista in possesso di P.IVA, per il quale sarà sufficiente emettere ricevuta fiscale recante indicazione “Operazione fuori campo Iva ai sensi dell’articolo 3, quarto comma, lettera a) del dPR IVA”. La residenza dell’autore (Italia, UE o extra-UE) non influisce in alcun modo sul regime appena delineato. Sicché, se l’autore (ovvero erede o legatario) è residente in Italia, non dovrà emettere fattura con IVA, anche se è fornito di partita IVA ad altro titolo; se, al contrario, l’autore non è residente in Italia (soggetto UE o extra-UE), l’operatore nazionale non avrà obbligo di emettere autofattura per mancanza del presupposto oggettivo.
L’esclusione dal campo IVA non si estende nei casi di cessioni, concessioni, licenze e simili relative a opere dell’ingegno (art. 2 della L.d.A.) effettuate da soggetti diversi dall’autore e dagli eredi o legatari, ovvero nel caso di cessioni, concessioni, licenze e simili relative poste in essere direttamente dall’autore e dagli eredi o legatari dell’autore ma relative alle opere nei casi previsti dall’art. 2, nn. 5) e 6) della L.d.A. In quest’ultimo caso, riferimento è fatto a (i) disegni ed opere di architettura e (ii) opere dell’arte cinematografica muta e sonora, sempreché non si tratti di semplice documentazione protetta ai sensi delle norme di cui al Capo V, Titolo II L.d.A.
In sintesi, la cessione del diritto d’autore ha rilevanza solo se viene posta in essere da un soggetto diverso dall’autore, dall’erede o dal legatario e sempreché il cedente sia uno dei soggetti passivi indicati negli artt. 4 (esercizio d’impresa) e 5 (esercizio di arti e professioni) del Dpr IVA.
Tutto ciò posto, si tratta di individuare se la disciplina IVA prevista nel caso dei diritti d’autore possa essere traslata – sic et simpliciter – ai compensi sui diritti connessi al diritto d’autore. In primo luogo, osserviamo come la regola derogatoria non comprenda “le cessioni, concessioni, licenze e simili relative a diritti o beni similari ai precedenti”, al cui interno si suole ricomprendere i diritti connessi all’esercizio del diritto d’autore (sul punto si è espressa anche Assonime con la Circolare 3 febbraio 1997, n. 12 chiarendo che all’interno della definizione ricadono anche “le cessioni e le concessioni del diritto di sfruttamento dell’immagine o dei diritti di diffusione, televisiva o radiotelevisiva, di eventi e manifestazioni di vario genere (artistico, culturale, sportivo)”.
In senso conforme si è espressa anche la prassi ministeriale con la Risoluzione 30 aprile 1997, n. 143/E (anche la “Risoluzione”), in relazione ad una domanda di chiarimenti presentata dall’Associazione di categoria dei produttori fonografici e l’istituto mutualistico degli artisti interpreti ed esecutori (IMAIE) in ordine al trattamento fiscale applicabile ai diritti spettanti agli artisti interpreti ed esecutori (intendendo per l’appunto i diritti connessi al diritto d’autore, quindi l’equo compenso) per l’utilizzazione, da parte di terzi della registrazione delle loro interpretazioni in programmi radio-televisivi, cinematografici, pubbliche manifestazioni, etc.
In merito alla possibilità di estendere ai diritti connessi al diritto d’autore la disciplina di esclusione dall’IVA prevista dall’art. 3, co. 4, lett. a) del relativo dPR, descritta nei paragrafi che precedono, il documento di prassi fa presente che occorre stabilire preliminarmente se sussista una equiparazione sostanziale tra il diritto d’autore e i diritti connessi all’esercizio del diritto d’autore, attribuiti agli artisti interpreti ed esecutori. Al proposito, va infatti considerato che la L.d.A. continua a comprendere i diritti degli artisti interpreti ed esecutori tra i diritti connessi al diritto d’autore ed in particolare, per quanto concerne l’utilizzazione della registrazione della interpretazione, riconosce all’esecutore lo stesso compenso previsto per i produttori fonografici. I due diritti continuano pertanto ad essere diversi sia cronologicamente, in quanto l’esecuzione, anche se dotata del carattere di creatività e originalità, è successiva all’opera dell’ingegno rappresentante il diritto d’autore, qualificandosi come atto di divulgazione dell’opera di ingegno di altri, che normativamente.
Sul punto la Risoluzione richiama il parere dell’Avvocatura Generale dello Stato del 25 gennaio 1997, n. CS 6592/96, alla quale è stata sottoposta la questione dell’inclusione dei diritti connessi ai diritti d’autore alla disciplina ex art. 3, co. 4 del dPR IVA. La giustizia amministrativa ha motivato il parere concludendo che una norma che si riferisce al diritto d’autore non può comprendere anche il diritto degli artisti interpreti ed esecutori, a meno che non vi siano altri elementi della norma che consentano siffatta interpretazione estensiva. In particolare, secondo l’Avvocatura Generale, “Trattandosi di una disposizione avente contenuto derogatorio, come tale da intendere disciplinante una fattispecie delimitata sia sotto l’aspetto soggettivo, in quanto è riferita a contratti stipulati dai soli autori, che sotto quello oggettivo, in quanto esclude i contratti aventi ad oggetto alcuni diritti d’autore, non è suscettibile di interpretazione estensiva nel senso che possa ricomprendere fattispecie non espressamente contemplate. Ne consegue che i diritti connessi al diritto d’autore riconosciuti agli artisti interpreti ed esecutori, pur risultando, a seguito della recente evoluzione normativa, più vicini sul piano sostanziale al diritto d’autore, in assenza di una esplicita previsione normativa, non possono essere equiparati sotto il profilo fiscale al diritto d’autore”.
In conclusione si può affermare che le prestazioni degli artisti interpreti ed esecutori rientrano nella generale previsione di imponibilità all’IVA, sostanziandosi, essenzialmente, in obbligazioni di permettere ad altri l’utilizzazione o la riproduzione della propria esecuzione. Non si tratta quindi di compensi esclusi dall’ambito di applicazione dell’imposta (come, invece, accade nel caso dei diritti d’autore se rispettate talune condizioni).
Annotazioni sul trattamento dell’equo compenso ai fini convenzionali
Nel caso in cui l’equo compenso sia corrisposto ad un artista non residente, si pone il tema di valutare l’eventuale qualificazione ai fini convenzionali del reddito per l’applicazione di ritenute alla fonte in misura ridotta rispetto alla norma interna (d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600).
In linea generale, è da ritenersi consolidato il principio secondo il quale l’art. 12 del modello OCSE (“canoni”) trova applicazione nei confronti di compensi di qualsiasi natura corrisposti per l’uso o la concessione in uso di un diritto d’autore su opere letterarie, artistiche o scientifiche. Pertanto, pur non prevedendo espressamente l’inclusione dell’equo compenso nell’ambito dei canoni, convenzionalmente non assume alcuna rilevanza la distinzione tra diritto di autore in senso proprio e diritti connessi al diritto di autore (come invece avviene nel caso della fiscalità indiretta, in base a quanto letto in precedenza). La riconducibilità dei diritti connessi all’esercizio del diritto d’autore nell’ambito dell’art. 12 del modello OCSE è confermata anche dal par. 18 del Commentario OCSE al medesimo articolo, che analizza i casi di “mixed contracts” nel caso di artisti, come per direttori d’orchestra o attori teatrali. In particolare, viene fornita la distinzione fra i compensi percepiti per prestazione “live” radiotelevisive da quelli dovuti nel caso di registrazione dell’esecuzione e successiva riproduzione. I primi compensi ricadono nell’art. 17 del modello OCSE, mentre i secondi possono qualificarsi nell’ambito dell’art. 12 se, in base al contratto fra le parti, la prestazione musicale sia registrata e l’artista abbia accettato, sulla base dei propri diritti concernenti la registrazione, di ricevere compensi sulla vendita dei dischi o sulle riproduzioni pubbliche della performance musicale. Laddove, viceversa, l’artista non sia titolare dei diritti concernenti la registrazione effettuata o la performance musicale, in quanto diritti che appartengono legalmente o contrattualmente ad un soggetto terzo, i pagamenti ricevuti ricadranno in altra regola distributiva (come l’art. 7 del modello OCSE, che ha incorporato il previgente art. 14 presente nella maggior parte delle convenzioni bilaterali e a cui si dovrà fare riferimento nel caso di specie), anche se la quantificazione del compenso è variabile sul numero delle vendite del disco o delle riproduzioni pubbliche della performance musicale.
Su questo tema è intervenuta anche l’Agenzia delle entrate, con una risposta fornita all’IMAIE nella Risoluzione 9 febbraio 2004, n. 12 in un caso avente a riguardo compensi derivanti da diritti connessi spettanti ad un artista tedesco, per il quale si chiedeva se l’istituto interpellante avesse dovuto assoggettare tali compensi a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta nella misura del 30 per cento o se invece gli stessi potevano rientrare nel campo di applicazione dell’art. 12, co. 3 della Convenzione Italia-Germania, secondo cui “i canoni a titolo di diritto d’autore e gli altri analoghi compensi relativi alla produzione o riproduzione di opere letterarie, drammatiche, musicali o artistiche, ivi comprese le pellicole cinematografiche e le pellicole o registrazioni per trasmissioni radiofoniche e televisive, provenienti da uno Stato contraente e pagati ad un residente dell’altro Stato contraente che ne è il beneficiario effettivo, sono imponibili soltanto in detto altro Stato” (enfasi aggiunta).
La risposta dell’Agenzia ha nuovamente confermato l’interpretazione contenuta nei documenti di prassi internazionale, chiarendo che “il Commentario al modello di Convenzione OCSE riconduce i compensi relativi ai diritti connessi all’esercizio del diritto d’autore di cui trattasi nell’ambito di applicazione della disciplina fiscale dettata dall’articolo 12 per i compensi relativi al diritto d’autore”.
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