Il presente contributo vuole soffermarsi sul trattamento tributario dei compensi corrisposti da un soggetto di diritto italiano a un soggetto di diritto statunitense, per attività professionali prestate per suo conto da una persona fiscalmente residente negli Stati Uniti (nel seguito anche il “Regista”).
1. Premessa: il caso
Il caso analizzato è relativo ad attività eseguite nell’ambito di produzioni televisive, laddove il Regista sia anche responsabile per l’allestimento dello spettacolo dal vivo e di altre funzioni specifiche come la scenografia, la fotografia e il montaggio.
Ci si interroga, pertanto, sulla tassazione dei compensi corrisposti alla società di diritto statunitense per prestazioni eseguite dal Regista. La questione richiede di individuare, in sintesi, se le attività possano essere inquadrate come prestazioni artistiche ai sensi dell’art. 17 della Convenzione contro le Doppie Imposizioni (anche “CDI”) fra Italia e Stati Uniti, ovvero come prestazioni professionali nell’ambito dell’art. 14 della medesima CDI.
2. La norma interna
Da un punto di vista del diritto interno, la tassazione delle prestazioni eseguite in Italia da soggetti non residenti è riconducibile in via preliminare alla regola generale posta dal comma 1 dell’art. 23 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (anche il “TUIR”). In particolare, se la prestazione (del Regista, nel caso concreto) è riconducibile ad un rapporto di lavoro subordinato, l’art. 23, comma 1, lett. c) del TUIR prevede che “[A]i fini dell’applicazione dell’imposta nei confronti dei non residenti si considerano prodotti nel territorio dello Stato i redditi di lavoro dipendente prestato nel territorio dello Stato (…)”; se, viceversa, la relazione contrattuale ricade nell’ambito di un’attività di lavoro autonomo, il comma 1, lett. d) del medesimo art. 23 del TUIR dispone che “(…) si considerano prodotti nel territorio dello Stato i redditi di lavoro autonomo derivanti da attività esercitate nel territorio dello Stato”. In un caso (lavoro dipendente) il prelievo del sostituto d’imposta (soggetto di diritto italiano) avviene con una ritenuta a titolo d’acconto calcolata sulla base delle aliquote progressive IRPEF vigenti (art. 23, comma 1 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, anche il “dPR Accertamento”), nell’altro caso (lavoro autonomo) la ritenuta del sostituto opererebbe a titolo d’imposta (quindi definitivo) nella misura del 30% del compenso erogato al soggetto non residente (art. 25, comma 2 del dPR Accertamento).
Tuttavia, qualora il compenso per attività artistiche o professionali venga corrisposto ad imprese non residenti da controparti residenti in Italia, subentra la norma derogatoria di presunzione assoluta di produzione dei redditi nel territorio dello Stato recata dall’all’art. 23, comma 2, lett. d) del TUIR.
Quest’ultima previsione, di natura antielusiva, è diretta a stabilire che si considerano comunque imponibili in Italia i compensi per prestazioni eseguite sul territorio dello Stato da artisti o professionisti per conto di imprese non residenti (“[I]ndipendentemente dalle condizioni di cui alle lettere c), d), e) f) del comma 1 si considerano prodotti nel territorio dello Stato, se corrisposti dallo Stato, da soggetti residenti nel territorio dello Stato o da stabili organizzazioni nel territorio stesso di soggetti non residenti i compensi corrisposti ad imprese, società o enti non residenti per prestazioni artistiche o professionali effettuate per loro conto nel territorio dello Stato”). Nel caso di soggetti non residenti troverà quindi applicazione il principio del cd. trattamento isolato dei singoli redditi, in base al quale si considerano prodotti nel territorio dello Stato i redditi indicati all’art. 23 del TUIR e con riguardo alla categoria reddituale cui questi sono riconducibili. In assenza di stabile organizzazione italiana, i redditi saranno determinati secondo le regole applicabili in caso di Imposta sul reddito delle persone fisiche.
Anche in quest’ultimo caso, trova applicazione la ritenuta a titolo d’imposta nella misura del 30% del compenso corrisposto al soggetto non residente.
3. La disciplina convenzionale
Tutto ciò premesso e riportando la faccenda nei termini iniziali, per valutare se i compensi percepiti dalla società di diritto statunitense, per prestazioni di natura artistica o professionale effettuate in Italia dal Regista (per suo conto), siano (i) soggetti a tassazione e (ii) in quali termini, occorre procedere con una disamina sull’inquadramento ai fini convenzionali della questione illustrata.
Il Modello di Convenzione OCSE contro le doppie imposizioni (anche il “modello Ocse”) dedica infatti alla tassazione degli artisti una specifica disciplina contenuta nell’art. 17 (rubricato “Artisti e sportivi”). La suddetta disposizione convenzionale recita come segue:
“1. Nonostante le disposizioni dell’Articolo 15, i redditi che un residente di uno Stato contraente ritrae dalle sue prestazioni personali svolte nell’altro Stato contraente in qualità di artista dello spettacolo, quale artista di teatro, del cinema, della radio o della televisione, o in qualità di musicista, nonché di sportivo, sono imponibili in detto altro Stato.
2. Quando il reddito derivante da prestazioni personali esercitate da un artista di spettacolo o da uno sportivo, in tale qualità, è attribuito ad una persona diversa dall’artista o dallo sportivo medesimi, detto reddito può essere tassato nello Stato contraente dove dette prestazioni sono svolte nonostante le disposizioni dell’Articolo 15”.
L’art. 17 si pone dunque come norma derogatoria alle disposizioni contenute negli artt. 7 (rubricato “Utili d’impresa”, che nel modello OCSE ha incorporato l’art. 14 “Professioni indipendenti” tutt’ora presente nella maggior parte delle convenzioni bilaterali siglate dall’Italia, come nel caso della CDI con gli Stati Uniti) e 15 (rubricato “Redditi da lavoro subordinato”), prevalendo su queste ultime per espressa indicazione contenuta nel comma 1. È infatti una norma volta a prevenire l’evasione delle regole generali, trattandosi (quelle artistiche) di attività estremamente dinamiche, remunerative e limitate nel tempo, che presterebbero il fianco a comportamenti volti ad eludere ogni forma di tassazione nello Stato della fonte oltreché ridurre al minimo la tassazione nello Stato di residenza se localizzato in un territorio a fiscalità privilegiata. Per tale ragione i compensi percepiti dagli artisti vengono tassati anche nello Stato in cui è esercitata l’attività, pur in mancanza di una stabile organizzazione (o base fissa, secondo la “vecchia” previsione convenzionale posta dal citato art. 14 del modello OCSE) localizzata sul territorio ovvero se, in vigenza di un rapporto di lavoro subordinato, (i) il periodo di permanenza nello Stato in cui è avvenuta l’attività non è inferiore a 183 giorni, (ii) il datore di lavoro è residente nello Stato nel quale è avvenuta l’attività e (iii) la remunerazione derivi da una stabile organizzazione che il datore di lavoro mantiene nello Stato in cui è avvenuta l’attività (tutte le condizioni devono verificarsi). Il successivo comma 2 contiene invece una disposizione volta a salvaguardare l’imponibilità nello Stato della fonte anche quando i pagamenti delle prestazioni rese siano attribuiti a persone (enti, società, ecc) diverse da quelle che hanno offerto la prestazione, vale a dire ad un soggetto che non sia l’artista “incondizionatamente legittimato” a percepire il reddito.
In ogni caso, eventuali forme di doppia tassazione derivante dall’esercizio concorrente della facoltà impositiva saranno risolte facendo riferimento ai meccanismi previsti dall’art. 23 (“Eliminazione della doppia imposizione”) del modello OCSE.
Tuttavia, poiché l’art. 17 regola l’esercizio della potestà impositiva per le remunerazioni derivanti dallo svolgimento di un’attività artistica, è necessario individuare se la fattispecie evidenziata – attinente alle prestazioni del Regista nell’ambito di produzioni televisive – sia qualificata per integrare l’ambito soggettivo di applicazione della norma speciale. Da questo punto di vista, la prassi internazionale non ha mai inteso fornire una definizione di “artista”, o “entertainer” secondo la versione inglese, limitandosi a riportare un elenco non esaustivo ed esemplificativo di soggetti che possono qualificarsi come tali: si parte dagli artisti dello spettacolo, di teatro, del cinema, della radio o della televisione, per giungere ai partecipanti a manifestazioni politiche, sociali, religiose o di beneficienza che abbiano natura di intrattenimento, ai musicisti e, da ultimo, ai partecipanti ad attività che abbiano natura di intrattenimento, come il gioco biliardo, scacchi o bridge (così il Commentario all’art. 17 del modello OCSE, par. 3). Allo stesso modo, prosegue il Commentario, “la disposizione [N.d.A.: art. 17] non si applica al personale amministrativo o tecnico (ad esempio, operatori, cinematografici, produttori, registi, coreografi, …)”: questo consente di escludere chiaramente l’attività del regista impegnato in attività di produzioni televisive (come anche nel caso di quelle teatrali o cinematografiche) dall’ambito delle prestazioni artistiche, sicché la stessa viene ricondotta fra le prestazioni di natura professionale.
Parimenti, la Technical Explanation alla CDI fra Italia e Stati Uniti (1999) sembrano confermare questa interpretazione, chiarendo che con riguardo all’art. 17 che “[T]his Article applies only with respect to the income of performing artists and athletes. Others involved in a performance or athletic event, such as producers, directors, technicians, managers, coaches, etc., remain subject to the provisions of Articles 14 and 15”.
Tuttavia, vi possono essere casi in cui la risoluzione della fattispecie non sia così immediata. È questo il caso in cui un regista percepisca un compenso per attività che comprendano anche la partecipazione allo spettacolo (o un film) in qualità di attore. Il Commentario prevede di valutare se l’attività abbia principalmente natura di intrattenimento (in qualità di attore) o professionale (in qualità di regista): se la prima è preponderante, allora tutto il compenso percepito cadrà nell’ambito dell’art. 17 del modello OCSE, in caso opposto l’intero reddito sarà escluso dalla disposizione speciale. Negli altri casi, ovvero laddove nessuna delle due attività sia preponderante sull’altra, sarà necessaria una ripartizione del reddito percepito. È questa, in sintesi, quella che l’OCSE definisce “grey area”, ovvero quell’area intermedia nella quale è necessario valutare nel suo insieme l’attività svolta dalla persona nell’altro Stato.
4. La CDI fra Italia e gli Stati Uniti
Avendo escluso la riconducibilità delle prestazioni effettuate nel caso analizzato all’art. 17, la questione deve essere analizzata alla luce dell’art. 14 della CDI fra Italia e Stati Uniti, dove il par. 1 prevede che “[I] redditi che una persona fisica residente di uno Stato contraente [US] ritrae dalla prestazione di servizi personali a carattere indipendente sono imponibili soltanto in detto Stato [US], a meno che tali servizi non siano prestati nell’altro Stato contraente [ITA] e la persona fisica disponga abitualmente in detto altro Stato [ITA] di una base fissa per l’esercizio delle sue attività, ma in tal caso i redditi sono imponibili in detto altro Stato [ITA] unicamente nella misura in cui sono attribuibili a detta base fissa”.
Dunque, la norma prevede l’imponibilità esclusiva nello Stato di residenza del percipiente (Stati Uniti, in questo caso) a meno che il soggetto non disponga, nell’altro Stato contraente, di una base fissa cui i redditi in questione sono attribuibili. Solo in quest’ultimo caso, come già visto, il pagamento sconterà una tassazione in Italia: difatti, qualora venga accertata la sussistenza di una base fissa di un soggetto non residente in Italia, questi sarebbe soggetto alla legislazione domestica per effetto dell’esistenza di un collegamento stabile fra l’attività professionale e il territorio italiano, tale da “renderlo equiparabile ad un professionista residente”. Questo vuole dire che la modalità di tassazione dell’imponibile (redditi prodotti nel territorio dello Stato) sarebbe stata demandata alla legislazione domestica (disposizioni del titolo I del TUIR, in particolare secondo quanto risposto dagli artt. 53 et seq. Sulla misura della ritenuta vi sono ancora tesi contrastanti: a parere di chi scrive, potrebbe essere applicata una ritenuta a titolo d’acconto nella misura del 20% e non già a titolo d’imposta del 30% (di fatto andando oltre la mera letteralità del comma 2 dell’art. 25 del dPR Accertamento, dove si parla di sole “stabili organizzazioni” e non di “basi fisse”). Inoltre, il recupero della doppia imposizione avverrà tramite il meccanismo del credito d’imposta contemplato dall’art. 23 della CDI. Questo vuole dire che, nel momento in cui il Regista conferma di non disporre di una base fissa sul territorio dello Stato, la prestazione non sconterà alcuna imposizione in Italia.
5. Gli adempimenti formali e le responsabilità del soggetto pagatore
L’art. 75 del dPR Accertamento prevede che “[N]ell’applicazione delle disposizioni concernenti le imposte sui redditi sono fatti salvi gli accordi internazionali resi esecutivi in Italia“. Dunque, le disposizioni di derivazione internazionale (come le Convenzioni bilaterali contro le doppie imposizioni) prevalgono sulle norme interne in materia di imposte sui redditi. Tale regola trova comunque un limite nell’art. 169 del TUIR, che lascia impregiudicata la facoltà di applicare le norme interne se più favorevoli al contribuente. Nel caso qui analizzato, la rilevante CDI prevede una facoltà impositiva esclusiva nello Stato di residenza del Regista (in mancanza di una “base fissa”), mentre secondo le norme interne questi avrebbe dovuto essere tassato anche in Italia con ritenuta a titolo d’imposta del 30%.
Per avvalersi dei benefici convenzionali è tuttavia richiesto alla società di diritto statunitense – per conto della quale il Regista statunitense esegue attività professionali in Italia – di compilare il modello 6166 di attestazione della residenza fiscale negli Stati Uniti. Questo modello è rilasciato direttamente dall’Amministrazione fiscale statunitense, come chiarito nella Risoluzione del Ministero delle Finanze n. 68/E del 24 maggio 2000 nella quale, in conseguenza dell’emissione del nuovo certificato di residenza emesso dall’IRS, veniva chiarito che le “[A]utorità americane hanno fatto presente che, nell’ambito di una riorganizzazione interna del loro sistema di emissione dei certificati di residenza ai fini fiscali, per motivi tecnici, non era più possibile rilasciare per l’Italia un modello che si differenziasse dalle attestazioni standard rilasciate per la gran parte dei Paesi loro partner”, cosicché il soggetto statunitense che richiede il riconoscimento delle norme convenzionali non deve utilizzare i modelli standard usualmente disponibili sul sito interne dell’Agenzia delle Entrate.
Il modello 6166 deve essere quindi consegnato dalla società di diritto statunitense alla società di produzione televisiva italiana, per attestare di volersi avvalere delle disposizioni convenzionali: diversamente, infatti, è prevista una ritenuta a titolo d’imposta pari al 30% del compenso lordo erogato (vedi par. 2).
Infine, la società italiana avrà la responsabilità di verificare le informazioni riportate sul modello per l’applicazione diretta dell’esonero dalle ritenute alla fonte. Il Provvedimento n. 2013/84404 del Direttore dell’Agenzia delle Entrate, pur nell’ambito dei modelli standard di attestazione della residenza estera, ha infatti chiarito che:
- “i modelli, compilati in ogni loro parte e completi dell’attestazione di residenza fiscale rilasciata dall’Autorità fiscale dello Stato in cui il beneficiario dei redditi è residente, vanno presentati al sostituto d’imposta italiano che, sotto la propria responsabilità, ha facoltà di applicare direttamente il regime fiscale previsto dalla Convenzione per le singole fattispecie reddituali (aliquota agevolata o esonero);
- il sostituto d’imposta dovrà tenere a disposizione dell’amministrazione finanziaria i modelli presentati dai soggetti non residenti, insieme all’eventuale documentazione allegata. Tali documenti devono essere conservati fino a quando non siano decorsi i termini per l’accertamento del periodo d’imposta in corso alla data del pagamento del reddito e comunque fino a quando non siano definiti gli accertamenti stessi”.
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